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Datagate, con la Bonino torna la Realpolitik

“Essere visionari è cosa diversa dall’essere velleitari”. La grande politica estera torna in Italia e lo fa attraverso una donna, Emma Bonino, capace di sorprendere per la sua abilità di muoversi con disinvolta compostezza e autorevolezza nelle dinamiche, talvolta impazzite, della diplomazia globale. Aveva sorpreso la sua apertura nei confronti di Russia e Iran sul caso Siria.

Contrarissima all’opzione militare e fautrice di una strategia inclusiva per Ginevra 2, la titolare della Farnesina ha potuto incassare l’importante risultato delle elezioni nella Repubblica persiana ma ha dovuto, dall’altra parte, fare i conti con una ex Urss che con lo zar Putin sembra deciso a riprendere una politica di polarizzazione nei confronti degli Stati Uniti.

È questo il contesto in cui va collocata l’importante intervista della Bonino al Corriere della Sera di oggi e che sarà tradotta in molte lingue e trasmessa in molte capitali dell’est, dell’ovest, e del sud. La leader radicale, campionessa internazionale dei diritti civili, pronuncia una parola che è musica per le orecchie più raffinate: “realismo”.

Affronta i dossier di Mediterraneo e Medio Oriente con una visione eccentrica ma coerente e soprattutto rivela la fragilità di un eccessivo credito tributato a Snowden. Il caso Datagate viene trattato dal nostro ministro degli Esteri con la consapevolezza della enormità delle accuse rivolte agli alleati transatlantici ma senza lasciarsi abbagliare dal grande faro puntato negli occhi dei rapporti con gli Usa. Inflessibile nel chiedere spiegazioni ma anche inflessibile nel pretendere che non si fermino i negoziati per un decisivo Trattato di libero scambio fra Ue e Stati Uniti.

La spy story fa sì impressione ma basta un sorriso della Bonino (riportato correttamente dal bravo giornalista, Polo Conti) per far sciogliere come neve al sole l’artificio di ipocrisia della Merkel (in campagna elettorale) e di Hollande (in profonda crisi di consenso). Nella politica estera di un Paese contano i numeri, quelli dell’economia e della difesa. Ma ha un ruolo centrale anche la capacità strategica che è espressa talvolta anche dalle singole personalità. Questo è il caso sicuramente del ministro degli Esteri italiano, interprete autonomo e originale di una politica visionaria ma non velleitaria che, facendo perno sul realismo, sa guardare in alto e non verso il basso. Un po’ Kissinger, un po’ (di più) Madeleine Albright. La Farnesina della Bonino restituisce una quota di orgoglio nazionale che avevamo un po’ perduto. Non è poco, di questi tempi.


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