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Vi spiego come De Magistris ha tradito Napoli. Parla Realfonzo

L’amministrazione arancione di Luigi de Magistrisha tradito le promesse di cambiamento fatte ai napoletani. Tra populismo, inefficienze e interventi della magistratura (ne ha scritto ieri Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera), la Giunta ha perso il suo decimo componente su dodici in appena due anni di governo. E la situazione non potrà che peggiorare“.

Ad esserne convinto è Riccardo Realfonzo, professore ordinario di Fondamenti di Economia Politica all’Università degli Studi del Sannio, con alle spalle numerose esperienze amministrative: l’ultima, come assessore al bilancio e alle società partecipate della Giunta de Magistris a Napoli, chiusasi dopo un anno con l’accusa di Realfonzo al sindaco di praticare una gestione populistica e inefficiente, parole che hanno generato un ampio dibattito e gli sono valse il consenso dello scrittore Roberto Saviano. Il professore, che nel suo libro “Robin Hood a Palazzo San Giacomo” (2010) aveva descritto quello che considera “il sistema clientelare che affossa la Città e che la giunta de Magistris avrebbe dovuto smantellare”.

In una conversazione con Formiche.net racconta gli errori, passati e presenti, del sindaco della città partenopea.

Professor Realfonzo, lei è stato per qualche tempo uno dei più stretti collaboratori del sindaco di Napoli. Perché ritiene che l’amministrazione de Magistris abbia deluso?
Si è registrato un fallimento totale, ormai acclarato, rispetto a propositi della campagna elettorale della primavera 2011, sviluppatasi in un momento di grandissima diffidenza dei cittadini napoletani verso la politica tradizionale. Allora c’era, e c’è ancora, un centrodestra napoletano impresentabile e un centrosinistra in forte difficoltà dopo la stagione amministrativa dell’emergenza rifiuti. Attorno alla figura di de Magistris avevamo fatto riunire la Napoli migliore: accademici, il mondo produttivo e tanti che spingevano per cambiare sul serio la città e affrontare i suoi problemi atavici, anche approfittando della debolezza dei partiti. Insieme ad altri mi impegnai per impostare la campagna elettorale e favorire una radicale svolta civica, che però non c’è mai stata.

Come mai? Che errori ha commesso De Magistris, secondo lei?
Per cominciare questo sindaco ha rapidamente dimostrato di non avere la caratura culturale e caratteriale per condurre quella difficile svolta. Non ha competenze amministrative e soprattutto non accetta critiche costruttive, per cui preferisce circondarsi di fedelissimi e yes man. Nel primo anno ha allontanato tutti coloro gli ponevano criticamente problemi seri: prima il pm Giuseppe Narducci, che era assessore alla legalità, e poi è venuto anche il mio turno. Ha preferito invece circondarsi di un ristretto gruppo di potere composto da suo fratello, dal capo di Gabinetto e dal vicesindaco. E ha iniziato a comportarsi secondo logiche antiche e collaudate, che tutti purtroppo conosciamo. E qui subentra il secondo errore: rompere col passato richiede grandissima competenza e grandissima dedizione, mentre De Magistris – spinto dalla volontà di una rapida scalata politica nazionale e dalla ricerca di facili soluzioni – ha finito per seguire il vecchio sentiero, dismettendo ogni proposito di cambiamento. E Napoli è al collasso.

Questo atteggiamento cosa ha comportato nei fatti?
Che Napoli non cambia ed è in preda sempre agli stessi poteri forti, alle stesse logiche che portano solo sottosviluppo ed emigrazione. La cosa paradossale è che la campagna elettorale di de Magistris aveva preso le mosse proprio dal tentativo di smantellare i sistemi clientelari presenti nel Comune nelle sue società partecipate – un bubbone da ventimila dipendenti – che avevo minuziosamente descritto nel mio libro (“Robin Hood a Palazzo San Giacomo” del 2010, ndr). Come assessore al bilancio, nei primissimi mesi dell’amministrazione de Magistris, avevo effettivamente cominciato a rivoltare le società partecipate del Comune come calzini, azzerando tutti i cda e introducendo un sistema di controlli rigoroso. Inoltre, coadiuvato da tecnici di qualità che certo non mancano nell’apparato dirigenziale del Comune, avevo avviato una azione riformatrice, finalizzata a premiare il merito, esaltare la qualità del lavoro, colpire le sacche parassitarie, anche al fine di risanare le esangui casse comunali.

È riuscito a realizzarle?
Come le dicevo, ci ho provato. Ma il mio lavoro, e anche quello di Narducci che agiva nella stessa direzione sul fronte della legalità, è stato bloccato dal sindaco. Il fatto è che gli sforzi di Narducci e i miei toccavano interessi consolidati e generavano forti resistenze. E alla fine de Magistris ha preferito mollare noi. Narducci fu costretto alle dimissioni nel giugno del 2012 ed io – dopo una estenuante battaglia tesa a fare luce sul buco di bilancio e bloccare una serie di spese inutili per manifestazioni culturali e sportive tanto care al sindaco – fui estromesso dalla giunta nel luglio.

La Giunta partenopea ha perso il suo decimo componente su dodici in appena due anni di governo. Che ne sarà della rivoluzione di De Magistris?
Come le dicevo ha abortito sul nascere. Non so dirle se De Magistris vivacchierà fino a fine consiliatura o se crollerà prima del tempo. Io credo che a questo punto, giudicando le sue ultime mosse (ha messo in Giunta alcuni consiglieri comunali, ndr) si è capito che lui cerca unicamente di gestire il potere e costruirsi un futuro. Riesce ancora a mandare avanti la baracca grazie ai prestiti governativi dovuti a due decreti: quello che va incontro ai Comuni in pre-dissesto e quello sui debiti della pubblica amministrazione. E intanto sta scaricando sui cittadini tasse e tariffe sempre più salate, bloccando definitivamente ogni speranza di ripresa dell’economia cittadina. È difficile scommettere come andrà a finire – visti anche i numerosi interventi della magistratura – ma nell’interesse dei napoletani, e lo dico con profonda delusione, c’è da augurarsi che questa esperienza fallimentare termini il prima possibile.

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