Egitto senza pace, notte di scontri tra sostenitori islamici di Mohamed Mursi e oppositori del presidente: sette morti e quasi trecento feriti negli scontri con le forze di polizia.
Numeri che segnano un ritorno della violenza che fa ombra alla nomina di un governo provvisorio. Le autorità egiziane hanno rastrellato più di 400 persone fino alle prime luci dell’alba di oggi, quasi due settimane dopo che l’esercito ha rimosso Mursi in risposta alle manifestazioni di massa contro di lui.
Il Primo ministro ad interim, Hazem el-Beblawi, sta tentando di formare in queste ore un governo per tracciare una exit strategy per l’Egitto. E affrontare in questo modo un’economia caotica e in costante pericolo.
Transizione
Un portavoce del presidente ad interim ha detto che ai Fratelli Musulmani Mursi aveva offerto la possibilità di partecipare alla transizione. Ma la Fratellanza, il principale movimento islamista egiziano, ha respinto le indiscrezioni definendole menzogne. La rimozione di Mursi ha aspramente diviso l’Egitto, con l’escalation della violenza che sta proseguendo senza sosta.
Violenze
Ieri due persone sono state uccise in un ponte nel centro del Cairo, dove la polizia locale era arrivata allo scontro con i sostenitori di Mursi, intenti a bloccare un percorso attraverso il fiume Nilo. Altri cinque attivisti sono stati uccisi nel distretto di Giza, come ha annunciato oggi il capo dei servizi di emergenza, Mohamed Sultan. Al momento Mursi è detenuto in isolamento in un luogo segreto: pur non essendo accusato di alcun crimine, le autorità proseguono nei suoi interrogatori.
New governance
La nuova governance che si prepara a tentare di governare è composta principalmente da tecnocrati e liberali, intenzionati a porre rimedio ad un’economia martoriata da un biennio di conflitti. Ma con la mano tesa da parte di Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait e ricchi Stati arabi del Golfo che, soddisfatti per la caduta della Fratellanza, avrebbero promesso dodici miliardi di dollari in contanti, prestiti e carburante per sostenere la ripresa. Un ex ambasciatore negli Stati Uniti è stato nominato ministro degli esteri mentre un docente di economia alle finanze. Un musicista è stato nominato ministro della cultura, era stato capo dell’Opera del Cairo fino a quando fu licenziato dal governo islamista di Mursi, due settimane fa. Particolare che fece sollevare artisti e intellettuali ad assediare il ministero.
L’Egitto sconvolge il Medio Oriente?
Ne è convinta Fiamma Nirenstein, che sul Giornale riflette non solo sul fatto che Israele avrebbe eliminato a Latakia, sulla costa siriana, missili Yakhont di fabbricazione russa ma che gli aerei israeliani, “e qui possiamo spalancare la bocca, sarebbero decollati da una base turca”, come riporta il Sunday Times. Significa che la tradizione avversione della Turchia nei confronti della Siria accanto al suo passo indietro nei confronti di Mosca, appaiono più intensi rispetto “allo scontro micidiale con Israele di cui Erdogan ha fatto una bandiera”. La Turchia nega e Netanyahu, come sempre fanno gli israeliani, non parla, ragiona l’esperta giornalista. E ciò rafforza la convinzione di nuove geografie del potere attualmente in fieri in Medio Oriente. Dove la guerra siriana e la rivoluzione egiziana potrebbero rappresentare la nuova cartina di tornasole per un conflitto purtroppo infinito.
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