Non è solo una guerra tra default, quella che si sta consumando sull’asse Atene-Berlino, ma anche e soprattutto di comunicazione. Il Financial Times “riscopre” il cosiddetto Grexit, ovvero la possibilità che la Grecia esca dall’eurozona perché oggettivamente incapace di ripagare il proprio debito. Circostanza che, al netto di tabelle alfanumeriche e trend di mercato, è nota.
L’editoriale del FT
Il quotidiano economico sostiene ancora una volta che il ritorno del Paese alla moneta nazionale “porterebbe vera recessione in Grecia, ma l’ammortamento del debito alla fine porterebbe allo sviluppo dell’economia”. In un editoriale intitolato “L’inizio del Grexit si mostra sempre più fattibile per Atene”, il Financial Times cita, a sostegno delle sue tesi, le parole pronunciate dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble qualche giorno fa ad Atene che escludeva un haircut del debito greco, mentre insisteva sul fatto che la Grecia “deve fare le riforme necessarie”, anche se non è ancora chiaro possano essere sufficienti a coprire una voragine finanziaria che nasce con l’avvento al potere dei socialisti negli anni ’80 e che oggi conta lo stesso maxi debito pubblico registrato ad inizio crisi (330 miliardi di euro). L’articolo invita i lettori a chiedersi se l’adesione al “dogma di Schaeuble” sia economicamente razionale per la Grecia” o se sia meglio che i greci si preparino a lasciare l’Eurozona? si interroga l’articolo.
Verso il Grexit?
Per il FT, quindi, sarebbe tutta una questione politica, così, anche se solo nell’ambito delle supposizioni, propone il seguente scenario: “Il governo greco fornisce assicurazioni informali che rispondono alle richieste iniziali”, quindi l’autore dell’articolo sostiene che in una conversazione avuta con le persone coinvolte nello sviluppo della pianificazione strategica, “Atene potrebbe stabilizzare l’economia senza la disoccupazione, mentre allo stesso tempo potrebbe servire pienamente il suo debito. Forse il primo ministro della Grecia ha informazioni riservate sul potenziale assenso dell’Eurozona a una ristrutturazione del debito, o a un ulteriore allungamento dei prestiti e dei tagli dei tassi di interesse”. Poi, riferendosi a un eventuale ritiro della Grecia dalla zona euro, sottolinea che in quel caso il Paese sarà “governato” da investitori esterni, non potrà coprire il proprio debito estero, e tornerà a far circolare moneta nazionale. Con un inizio “decisamente depresso per qualche tempo, ma con un vero e proprio ammortamento che riporterà sviluppo nel futuro”.
Tertium non datur
Infine, il Financial Times ha sottolineato che la Grecia ora ha solo due scelte : “La prima è il default all’interno di una eurostrategia che richiede alleati” in altre capitali europee e soprattutto l’ombrello protettivo della Bce. La seconda è quella “sì di fare le riforme, ma di provocare il fallimento dell’euro: una decisione che potrebbe essere presa unilateralmente, se le condizioni macroeconomiche fossero corrette. Un Paese può decidere di restare nella zona euro per motivi politici o di sicurezza. Ma sicuramente qui ci sono in ballo altri motivi, soprattutto se il ritiro dall’euro è economicamente sostenibile”.
La tabella di marcia
La visita di Schaeuble non ha rappresentato una mossa diplomatica, tutt’altro, perché i mal di pancia di Berlino questa volta potrebbero essere solo all’inizio. Qualcuno, non più solo al centro dell’Egeo ma a questo punto anche nella City, inizia infatti già a chiedersi cosa potrebbe accadere di qui a due mesi se la cancelliera Angela Merkel non dovesse uscire vincitrice dalle elezioni di settembre.
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