Il consigliere della sicurezza nazionale del presidente egiziano Mohamed Morsi, Essam al-Haddad, ha detto che il golpe militare è iniziato.
Una dichiarazione che arriva dopo che fonti militari hanno reso noto che la sicurezza egiziana ha proibito al presidente Mohammed Morsi e ad altri importanti esponenti dei Fratelli Musulmani di lasciare il Paese, nel quadro di un’inchiesta su un’evasione dal carcere avvenuta nel 2011. Sarebbero stati bloccati anche la guida spirituale della Fratellanza Mohamed Badie e importanti leader della Fratellanza come Khairat el Shater, Essam Sultan e Mohamde el Beltagui.
Sembra essere sempre più verosimile dunque la notizia non confermata, riportata su twitter da testate mediorientali come CBC e Al Hayat, che il presidente egiziano sarebbe ora agli arresti domiciliari, sotto stretto controllo.
I suoi più stretti collaboratori però dicono di non sapere dove si trovi. “Non sappiamo dove sia”: così Gehad el Haddad, portavoce dei Fratelli Musulmani e consigliere del presidente egiziano, ha risposto alla reporter della Cnn che gli chiedeva che fine avesse fatto Moahmed Morsi. “Sono stati tagliati tutti i contatti con lui”, ha detto el Haddad.
Un’ora dopo l’ultimatum dato dall’esercito al presidente, gli elicotteri sorvolano piazza Tahrir, dove è radunata da settimane la folla di manifestanti che chiede le dimissioni del leader islamista.
L’esercito – che a breve dovrebbe diffondere un comunicato ufficiale – ha minacciato di imporre una “Road map” che secondo la stampa egiziana prevederebbe un periodo di transizione sotto lo stretto controllo delle forze armate e la sospensione temporanea della Costituzione.
Intanto Morsi, impossibilitato a espatriare, ha inviato un messaggio alla nazione, chiedendo al popolo di resistere al colpo di Stato militare in maniera pacifica, senza opporre resistenza con la violenza.
Fonti della sicurezza riferiscono che blindati e forze speciali si stanno posizionando intorno al palazzo presidenziale di Ittahadeya per impedire che ci siano contatti fra i lealisti, che sono davanti alla moschea di Rabaa el Adaweya, e i manifestanti anti Morsi radunati di fronte al palazzo.
Il quotidiano egiziano Al Aarham riporta che l’esercito avrebbe iniziato a dispiegarsi anche a Giza, una delle quattro città che formano la metropoli della grande Cairo.
Altri mezzi blindati sarebbero stati piazzati nei quartieri cairoti di Nasr City, Heliopolis e nella città universitaria, dove sono in corso delle manifestazioni organizzate dai sostenitori del presidente egiziano Mohammed Morsi: lo ha reso noto l’agenzia di Stato egiziana, la Mena.
L’ANNUNCIO DEL GOLPE
“Mentre scrivo queste righe – ha annunciato pochi minuti prima dell’intervento militare Essam al-Haddad, uno dei principali collaboratori del presidente Mohammed Morsi – mi rendo perfettamente conto che potrebbero essere le ultime che metto su questa pagina”. Dal suo profilo di Facebook al-Haddad ha aggiunto: “Per il bene dell’Egitto e dell’accuratezza storica, chiamiamo quanto sta accadendo col suo vero nome, un golpe militare”.
IL DIVIETO DI LASCIARE IL PAESE
“Tutte le persone sospettate di essere coinvolte nelle evasioni dal carcere di Wadi Natrun nel 2011, fra cui il presidente Mohammed Morsi e numerosi dirigenti dei Fratelli Musulmani, sono state sottoposte al divieto di espatrio”, hanno riferito le fonti.
Il 23 giugno scorso un tribunale egiziano aveva accusato l’organizzazione estremista palestinese di Hamas e le milizie sciite libanesi di Hezbollah di essere coinvolti nell’evasione di numerosi prigionieri – fra i quali lo stesso Morsi – dal carcere, durante la rivolta contro il regime di Hosni Mubarak.
All’epoca Morsi aveva affermato di non essere evaso, ma che alcuni abitanti del luogo – una settantina di chilometri a nordest del Cairo – avevano aperto le porte della prigione liberando i detenuti.
CONTATTI CON GLI USA
Ieri il capo del Pentagono Chuck Hagel ha telefonato al ministro della Difesa egiziano Abdel Fattah al-Siss per discutere dell’ultimatum al presidente Mohamed Morsi. A dare la notizia – mentre circola la voce che Morsi sia stato costretto agli arresti domiciliari in quello che potrebbe rivelarsi un vero e proprio golpe militare – è il portavoce del Pentagono George Little, che tuttavia non ha rivelato dettagli sulla conversazione.
Dagli Usa giunge l’appello neutro a risolvere la crisi “con mezzi politici. Gli Stati Uniti – ha ribadito quindi il portavoce del Pentagono, George Little – non sostengono alcun gruppo o partito”.
diretta aggiornata alle ore 19.30