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Il caso Gay-Powell: quando il doping sportivo fa rima con ipocrisia

La notizia del presunto caso di doping dell’atleta americano Tyson Gay, il secondo uomo più veloce al mondo (solo Usain Bolt lo supera in pista) e di quattro giamaicani (attualmente in allenamento in Italia, a Lignano Sabbiadoro) ha fatto il giro del mondo, lasciando nello sconforto tutti gli addetti ai lavori. In attesa delle controanalisi è chiaro che questi nuovi casi di doping fanno riflettere sul mondo dello sport agonistico e di alcune discipline a rischio, come, per esempio, proprio l’atletica leggera.

Questi “dei” della pista, idolatrati da media e sponsor, sono loro stessi spesso vittime e carnefici. Carnefici perchè martoriano il corpo non capendo che pagheranno conseguenze pesanti una volta terminata la carriera sportiva, vittime perchè alla fine sono “oggetti” nelle mani dei media e degli spender pubblicitari, che chiedono loro sempre di più. Una ricerca ossessiva del record, della prestazione della performance sportiva, quando, invece, le federazioni dovrebbero promuovere principalmente lo “sport di base”, non queste forme eccessive di sport agonistico, fini a se stesse, ovvero dei conti personali di chi le pratica.

Siamo sinceramente stufi di osannare (anche se il sottoscritto è uno dei pochi che li considera degli esseri umani e quindi come tali fallibili) questa persone, creando dei “divi” di cui sinceramente non sentiamo il bisogno.

Ci piacerebbe che Tyson Gay e Asafa Powell, attualmente accusati di aver fatto uso di sostanze vietate dicessero al mondo intero di aver truccato le proprie gare e si mettessero a disposizione delle autorità (per far arrestare i medici che li aiutano in queste operazioni) e della società per far capire ai più giovani che vincere in pista (eventualmente truccando) non vale una vita, soprattutto, se a pagarne in vita le conseguenze, prima o poi, saranno i loro corpi “gonfiati” chimicamente.

Non è questa la strada da percorrere e le autorità sportive devono “radiare” questi atleti, per iniziare a dare un esempio (anche se severo) a tutto il resto del plotone. A cosa è servito a Lance Armstrong conquistare con il trucco 7 Tour de France, se poi li ha persi, con ignominia, a fine carriera? A chi giova tutto ciò, amavano dire i latini?


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