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Il variopinto mondo dei Public Affairs

La settimana scorsa a Roma si è svolto il primo forum dei Public Affairs (Qui le info). Un mare di invitati e speakers, volti noti e meno noti, politici, manager, studiosi e gli immancabili presenzialisti. Insomma, tanta carne al fuoco. L’intenzione è farlo diventare un appuntamento fisso. Se accadrà è presto per dirlo. I presupposti però promettono bene.

Nella mole di dati discussi durante l’evento ce ne sono due su cui vale la pena soffermarsi. Il primo riguarda il censimento degli appartenenti alla categoria. Ossia la carta d’identità di chi lavora nel settore.

Il dato più eclatante è l’eterogeneità professionale. La fanno da padrone il top management e il settore communication e relazioni esterne. E questo a riprova del fatto che i due ambiti professionali – comunicazione e PR – vanno a braccetto (leggi Qui per un approfondimento). Ma nell’elenco trovi un poco di tutto: vendite, marketing, finanza e ICT. Oltre naturalmente al settore pubblico. Questo da una parte dimostra che Public Affairs è un settore vivo e in espansione. Dall’altra che c’è poca chiarezza su cosa sia esattamente.

Altri 2 dati. Primo: tra le regioni che esprimono i Public Affairs la top 3 è di Lombardia, Lazio e Piemonte. Secondo: tra tutti il settore aziendale la fa da padrone, seguito da servizi, mondo associativo e mondo della formazione.

La seconda cosa interessante è il rapporto di Retecamere sull’uso del web. Quindi, in sostanza, il dato su come lavora chi è dentro il mondo Public Affairs. Mi limito ai più interessanti. Uno: il web è ufficialmente il principale canale di contatto tra PA e aziende. Lo usano il 64% delle imprese manifatturiere e il 58% delle imprese dei servizi. Questa la parte positiva. Quella negativa è che su 308 enti pubblici e Associazioni di rappresentanza analizzati dal rapporto, solo il 47% ha il WIFI. Più della metà fa (male) senza.

Due: solo 71 Amministrazioni hanno reso pubblici i propri dati in formato open (complessivamente 6.220 dataset). Sulla sponda opposta, quella delle aziende, emerge che solamente l’11% delle imprese utilizza sistemi di e-government, il 3,2% usa internet per l’e-commerce, il 5% utilizza i social media per promuoversi. Ancora poco.

In conclusione: public affairs in Italia copre un mondo professionale sconfinato e difficilmente assimilabile nei confini di una singola categoria. é un bene o un male? Non saprei dirlo. Questo mondo variopinto fa oramai pieno affidamento sulle nuove tecnologie. Bene. Peccato che sia ancora a macchia di leopardo, con gravi lacune da parte delle PA (e fin qui ci si stupisce poco) e delle aziende (il dato sorprende di più).



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