I giudici del tribunale di Palermo hanno assolto il generale del Ros Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, dall’accusa di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano nel 1995.
La Corte, presieduta dal giudice Mario Fontana, si è ritirata in camera di consiglio stamani, dando appuntamento alle parti alle 17,30 di oggi pomeriggio. Per Mori, il pm Nino Di Matteo ha chiesto una condanna a 9 anni di reclusione, mentre per Obinu a 6 anni e mezzo. Dall’altro lato, la difesa dei due imputati, retta dagli avvocati Enzo Musco e Basilio Milio, ha puntato sulla richiesta d’assoluzione perché “il fatto non sussiste”.
In questi cinque anni di udienze, la Procura ha teso a dimostrare come, nell’ambito di un piano più ampio di “trattativa” tra Stato e mafia, i vertici del Ros evitarono di catturare il padrino corleonese a Mezzojuso il 31 ottobre 1995, nonostante fosse stato “messo su un piatto d’argento” dal pentito Luigi Ilardo, successivamente ucciso da Cosa nostra.
Secondo i magistrati, quella mancata cattura rientrava a pieno titolo nell’ambito di quella garanzia d’impunità di cui Bernardo Provenzano avrebbe goduto come “premio” per la sua collaborazione, mediata da Vito Ciancimino, che portò alla cessazione del periodo stravista e alla cattura di Totò Riina.
In questo quadro, si sarebbero inseriti gli “anomali” avvicendamenti al Viminale, con la sostituzione di Vincenzo Scotti con Nicola Mancino, e al Dap, con le nomine di Adalberto Capriotti e Francesco Di Maggio, più favorevoli all’eventuale ammorbidimento del regime di carcere duro.
I due imputati, dal canto loro, hanno sempre respinto le accuse, definite in più occasioni “calunniosi espedienti dialettici” e rivendicando con fermezza il proprio operato e il proprio rispetto delle istituzioni.
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