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L’Orango dopo Lampedusa

Quella che anche Maroni ha definito essere “una battuta”, per di più “sfuggita” a Calderoli nel contesto di una festa leghista a Bergamo, è stata – e molto probabilmente è – molto di più.
Sappiamo tutti infatti che Roberto Calderoli ha ripetutamente utilizzato “immagini” e “battute” anche a sfondo razzista, pur non essendo egli un razzista nel senso in cui normalmente utilizziamo questo termine.

Si tratta infatti di una molto complessa vicenda di affermazione di identità territoriale propria, nella quale anche la razza può essere considerata – al pari della religione – elemento essenziale per l’identificazione della comunità di appartenenza. Così è stato in passato quando si affermò il principio “cuius regio, eius religio”; così è stato recentemente con la Shoah.
Anche queste vicende hanno finito con il rendere molto tormentata l’intesa tra Forza Italia e la Lega prima, e tra la Lega e il Pdl ora. Di quella intesa ha finito con l’essere la visione di una complessiva politica dell’immigrazione che ha dato vita alla Bossi-Fini.

Il sopravvenire di vicende economico-finanziarie molto gravi, non solo per il Nordest del Paese, ha finito con il caricare la stessa questione dello ius sanguinis e dello ius soli di problemi di accesso al welfare, che hanno finito con il contrapporre in qualche modo gli italiani di sangue ai cittadini di sangue o di religione diversa.

Ma proprio queste sono state le novità principali che hanno caratterizzato il messaggio lanciato da papa Francesco a Lampedusa.
Stiamo infatti passando – anche se con difficoltà – da una logica sostanzialmente colonialistica del rapporto tra il Primo e il Terzo Mondo, ad un’ispirazione alla fratellanza universale che finisce necessariamente con l’avere conseguenze determinanti anche ma non solo in Italia, sia sul più generale problema dell’immigrazione, sia – più specificamente – sulla componente razziale dei flussi migratori.

Basti rilevare quel che sta capitando negli Stati Uniti in riferimento all’immigrazione di lingua spagnola o di provenienza orientale; basti considerare – sempre negli Stati Uniti – quel che sta capitando in conseguenza della sentenza sul caso Zimmerman; basti infine pensare che in Francia è stato proposto persino di cancellare la parola “razza” dalla Costituzione (quasi che si possa ritenere che il razzismo discende dalla sola parola, ignorando che gli esseri umani sono distinti anche in base alla razza di appartenenza).

La questione posta oggi in riferimento all “Orango” di Calderoli deve dunque essere esaminata non più soltanto alla luce dell’alleanza cultural-politica che ha dato vita alla Bossi-Fini, ma anche alla luce delle potenziali novità straordinarie contenute nel messaggio di Lampedusa.

Si sbagliava infatti chi aveva sostenuto che si trattava della distinzione tra la preghiera e l’azione di governo; non si è trattato infatti di una preghiera per così dire intimistica, perché quella di papa Francesco è stata anche un’indicazione di radicale novità nella politica internazionale. Sta dunque alla Lega Nord definire in termini anche nuovi il rapporto tra identità etnica locale e relazioni internazionali; sta del pari ai partiti che hanno stipulato o che intendono stipulare patti anche legislativi con la Lega Nord, definire una propria specifica identità nel contesto della politica nazionale europea e mondiale che si intende perseguire.



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