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No Porcellum. Così Giachetti e Renzi sfidano Letta

Rifiutano ritocchi e cambiamenti al Porcellum, perché il loro scopo è la sua abrogazione e il ritorno al Mattarellum come legge di garanzia nell’eventualità di fine anticipata della legislatura. Il parlamentare democrat vicino a Matteo Renzi Roberto Giachetti, il co-fondatore dell’Ulivo Arturo Parisi, l’alfiere del referendum elettorale maggioritario uninominale dei primi anni Novanta Mario Segni e il capogruppo di Sinistra e libertà alla Camera dei deputati Gennaro Migliore si sono dati appuntamento in Piazza Montecitorio per presentare un’iniziativa parlamentare destinata a scompaginare le trattative riservate in corso tra le forze politiche sul “meccanismo di voto di salvaguardia”. La normativa che dovrebbe essere approvata in tempi brevi nel caso fallisse il percorso di riforme istituzionali culminante nel varo di un sistema elettorale coerente con la futura forma di governo.

Gli obiettivi delle proposte Giachetti e Migliore

L’iniziativa incardinata dall’alleanza favorevole al ripristino del Mattarellum poggia su due pilastri. Il primo è la presentazione da parte di Giachetti della richiesta di procedura d’urgenza per l’esame delle proposte di riforma elettorale. Richiesta avanzata grazie al Regolamento della Camera che all’articolo 69 prevede tale possibilità in presenza di almeno 10 firme. Promossa dieci giorni fa, ora l’iniziativa ha raggiunto 45 sottoscrizioni in tutti i gruppi politici tranne Lega Nord, Fratelli d’Italia e Movimento Cinque Stelle, che conferma l’evanescenza della sua posizione. Fra le adesioni più rilevanti, quelle dei parlamentari renziani del Pd Paolo Gentiloni, Yoram Gutgeld, Ivan Scalfarotto, della prodiana Sandra Zampa e del veltroniano Walter Verini, di numerosi esponenti di Sel, del socialista Marco Di Lello e dell’ex pentastellata Paola Pinna, del co-fondatore di Forza Italia Antonio Martino.

Ma perché le diverse proposte di legge miranti a resuscitare il Mattarellum possano trovare sbocco in un dibattito parlamentare nel mese di agosto è necessario mettere in moto l’altro pilastro. E qui entra in gioco l’intervento annunciato da Migliore che, a nome della formazione guidata da Nichi Vendola, presenterà nella Conferenza dei capigruppo di oggi “la richiesta per calendarizzare nelle prossime sedute le proposte di legge convergenti verso lo stesso obiettivo, inserendole nel 25 per cento dello spazio riservato alle minoranze”. Tra i documenti spicca il disegno presentato dal gruppo di Sinistra e libertà che in soli due articoli cancella la legge Calderoli e riporta in vigore la normativa precedente. Se la richiesta venisse accettata da almeno tre quarti dei membri della capigruppo, la Commissione Affari costituzionali dovrà esaminare il testo in un mese prima di trasmetterlo all’Assemblea. Nel caso probabile di una bocciatura, a decidere sarebbe l’Aula a maggioranza semplice e nell’arco di due-tre giorni. Il percorso dal punto procedurale è semplice. La questione è tutta politica, come spiega con il vicepresidente di Montecitorio: “Siamo di fronte a un bivio. Il Parlamento deve essere libero di scegliere tra i ritocchi al Porcellum per tentare di renderlo digeribile, e la sua archiviazione grazie al ripristino del metodo prevalentemente maggioritario uninominale vigente dal 1993 al 2005”.

Il contrasto radicale con il piano messo a punto dall’esecutivo

L’iniziativa animata dal parlamentare democrat legato a Renzi è destinata a confliggere con l’indirizzo assunto dal governo. Perché in base a quanto rivela Repubblica l’esecutivo guidato da Enrico Letta avrebbe predisposto un “piano di emergenza” finalizzato ad approvare una “norma di salvaguardia” prima del 3 dicembre, giorno della sentenza della Consulta che potrebbe far cadere per incostituzionalità la legge Calderoli. Per evitare un verdetto di condanna dagli esiti politici imprevedibili, il governo avrebbe deciso di intervenire sui punti più controversi e a rischio bocciatura, conservando inalterati la filosofia, l’impianto e la natura delle norme in vigore.

Grazie al lavoro sotterraneo portato avanti dal ministro per le riforme istituzionali Gaetano Quagliariello e dal responsabile per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini nel corso di ripetuti negoziati riservati con i tre partiti della maggioranza, sarebbe pronto un testo pienamente proporzionale basato sul voto di lista con le seguenti caratteristiche: previsione di un livello di voti pari almeno al 40 per cento per conquistare il premio di governabilità, soglia uniforme di sbarramento al 5-6 per cento, bonus di maggioranza nazionale anche per il Senato, circoscrizioni elettorali più ridotte per arginare la frammentazione. Un progetto radicalmente contrario per ispirazione e contenuti alla proposta Giachetti-Migliore, prefigurato con chiarezza tre giorni da Quagliariello. Il quale esortava le forze politiche a “incontrarsi e trovare l’accordo in agosto per mettere da parte l’ipotesi del ritorno all’uninominale contenuta nel Mattarellum e limitarsi alla correzione dell’attuale meccanismo proporzionale, al fine di renderlo conforme alla Costituzione”. Nessuna trasformazione del Porcellum in Maialinum, rimarcava Quagliariello: “Si tratta di uno sforzo di fantasia da parte di un ceto dirigente maturo”.

Tra l’alleanza trasversale pro-maggioritario animata dal combattivo parlamentare del Partito democratico esperto di regolamenti e lotte parlamentari e la poderosa ma sempre più incerta corazzata che sostiene il governo è iniziata una corsa contro il tempo. Sarà il secondo round di un duello già andato in scena a fine maggio. Quando la mozione presentata da Giachetti per il ritorno al Mattarellum ottenne l’adesione di cento parlamentari di Pd, Scelta civica e perfino M5S, creò forti fibrillazioni nella maggioranza, provocò la feroce reazione del centro-destra e venne bollata come “prepotente e intempestiva” da Anna Finocchiaro prima di essere respinta dall’Aula.

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