L’operazione “LB maquillage” è ormai entrata nel vivo, e produce i suoi frutti. Dal libro, passando per la tv, fino alla carta stampata. Ultime in ordine di tempo le due paginone su Panorama (le trovate Qui). La firma, tanto eccellente quanto famigerata, è proprio la sua: Luigi Bisignani.
O meglio, ex-famigerata, visti i contenuti. Sparisce l’aneddotica personale (salvo un singolo episodio in cui LB racconta di Papa Wojtyla che avrebbe benedetto le lobby americane) e subentra il racconto di cosa sono e come dovrebbero essere le lobby. Di cui, appunto, non bisogna avere paura.
Bisignani inizia dalla fine. E cioè dal tentativo del Consiglio dei Ministri finito a schifio poche settimane fa. Sorprendentemente, il giudizio è positivo: “A farlo rinviare” – scrive LB – “non sono stati i lobbisti, che pure la trasparenza e una regolamentazione la vorrebbero, ma un’improvvisata lobby degli stessi ministri“.
Segue l’auspicio a recuperare il terreno perduto e, subito dopo, la solita pappardella sul diritto di petizione della Costituzione Usa che sta a fondamento della legittimità dei lobbisti, e la storiella di Kennedy, dei tre minuti e dei tre giorni. Va bene il pubblico generalista, va bene il format nazional-popolare. Ma tutte le volte che sento ripetere questo aneddoto mi chiedo se raggiungeremo mai il limite alla banalizzazione del tema.
Dopo un breve excursus personale LB passa alla lobby 2.0, trattata però in modo atipico. Sì perché LB prima ci dice che “nell’era dei social network, in cui ogni individuo è connesso virtualmente al prossimo e i reticolati delle relazioni e degli interessi comuni sono esplicitati online, tutti si incontrano da anni“. Al che ti aspetteresti qualcosa sul lobbying virtuale o socializzante. E invece é l’appiglio per poter parlare dei canali di formazione che sfornano la classe dirigente, che quindi fa lobby di per sé.
Conclusione scontata, come il resto. Da riassumere in tre concetti: ci serve una legge, siamo tanti (lui stima 15mila), se saremo trasparenti faremo il bene di chi decide.
Mancava una sola cosa per rendere il pezzo perfettamente allineato con la nullità di certi discorsi politici: “è per il bene del Paese”. Sarà per la prossima?