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O’Malley, parole e vanterie di un Papa mancato

Papa Francesco è l’uomo giusto, “il missionario chiamato a salvare la cultura occidentale”. Lo dice, più che convinto, l’arcivescovo di Boston, Sean O’Malley. Cappuccino che non lascia mai il suo saio, il cardinale americano era uno dei cosiddetti papabili allo scorso Conclave. Giocavano a suo favore l’estrazione francescana e (soprattutto) la capacità dimostranta nel ripulire la diocesi di Boston dopo lo scandalo pedofilia che l’aveva travolta. Un lavoro paziente e di successo che l’aveva portato a essere uno dei nomi di punta dell’episcopato americano. E che il suo nome circolasse tra i porporati in Sistina lo ammette lui stesso parlando con John Allen a Rio de Janeiro, dove si trova per la Giornata mondiale della gioventù: “Se le votazioni fossero proseguite ancora un giorno, più o meno, sarei stato in grande pericolo”. Una perifrasi elegante per dire che se Bergoglio non avesse sfondato e raggiunto rapidamente la quota dei due terzi necessari all’elezione, molti consensi si sarebbero riversati su di lui, il cardinale con la barba bianca.

La segreteria di stato già ridimensionata
O’Malley è uno con le idee chiare: è il rappresentante per l’America del nord scelto da Francesco per il gruppo di porporati che studierà la riforma della curia. E lui è già attivo, benché la prima riunione dei “saggi” si terrà solo il prossimo ottobre. Con Francesco il contatto è diretto: “Ho scritto al Santo Padre qualche volta, e lui mi ha risposto direttamente!”, racconta entusiasta. E proprio questo tema, quello del rapporto diretto con il Pontefice, è uno di quelli che più sta a cuore al cappuccino di Boston: “Non so cosa stiano facendo gli altri, ma i miei contatti sono avvenuti direttamente con il Papa. Già nelle congregazioni generali pre-Conclave si è manifestato il desiderio per una maggiore collegialità tra i vescovi e, suppongo, tra i cardinali. Il consiglio dei porporati è una risposta a questa domanda. Penso che il cardinale Bergoglio notasse la necessità di creare un organismo di questo tipo”. E “alcuni di noi (degli otto consiglieri del Papa, ndr) stanno già raccogliendo idee. Lo ha fatto il cardinale Errazuriz con i membri del Celam, la conferenza episcopale latinoamericana, l’ho fatto io con i cardinali americani e con il cardinale canadese Collins. Ho poi scritto a tutti gli arcivescovi statunitensi e canadesi per chiedere pareri. Penso che la richiesta di un instrumentum laboris da parte del cardinale Maradiaga vada in questa direzione” .

Sì a consulenti esterni per cambiare Ior e Apsa
Felice è invece O’Malley per non doversi occupare direttamente dell’affaire-Ior e delle strutture economico-amministrative della Santa Sede, essendo stata creata una commissione pontificia ad hoc incaricata di fare piena luce su tutto ciò che avviene nell’istituto presieduto dal tedesco Von Frayberg: “Non sappiamo ancora bene come sarà chiaramente diviso il lavoro tra questi organismi, ma mi ha fatto piacere, perché avevo paura che avremmo dovuto fare tutto. Soprattutto riguardo la banca. Sono entusiasta del fatto che quel troncone sarà affare d’altri”. Tuttavia, il porporato fa sapere che le commissioni e i gruppi di lavoro potranno essere continuamente aperti anche al contributo di esterni, laici e non legati al Vaticano: “Ci sono alcune offerte interessanti, persone disposte ad aiutarci pro bono. E il Santo Padre si è mostrato disponibile. Siamo certamente aperti a persone e istituzioni competenti sui sistemi di gestione”.

Abusi sessuali? L’esempio lo dia il Vaticano
C’è poi l’altra grana, quella degli scandali legati agli abusi sessuali che tanto hanno turbato il pontificato di Benedetto XVI. John Allen ha chiesto a O’Malley cosa si può fare, anche perché “oggettivamente parlando, Francesco in realtà non ha ancora fatto molto su questo fronte”. Per l’arcivescovo di Boston “il Papa ha bisogno di riunire i presidenti delle conferenze episcopali. Il Vaticano ha chiesto loro di inviare le linee guida, e mi sa che alcune conferenze non l’hanno ancora fatto. C’è chi ha tentato, ma non sono bene attrezzate. Noi dobbiamo affrontare questo problema, anche aiutando le conferenze locali. C’è bisogno di risorse per dar loro una mano”. Ad ogni modo, “l’esempio lo deve dare il Vaticano. So che non sarà facile”.


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