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Papa Francesco a Lampedusa, tra Primo e Terzo Mondo

Sono già numerosissimi, comprensibilmente, i commenti relativi al viaggio di Papa Francesco a Lampedusa. Si è trattato e si tratta prevalentemente di commenti di tipo per così dire teologico. Occorre adesso cercare di coglierne i significati non soltanto confessionali che il viaggio ha comportato. Si è trattato infatti di una missione collocata idealmente tra il Primo e il Terzo Mondo. Ed è questo aspetto della visita del Papa che va posto in evidenza.

Siamo stati infatti abituati per lungo tempo a considerare l’immigrazione, e talvolta anche l’asilo politico, all’interno delle categorie di pensiero del mondo occidentale. Esse infatti hanno rappresentato per molti secoli il paradigma essenziale del pensiero relativo ai rapporti internazionali.

Il Primo Mondo ha finito così in qualche modo con il rinchiudere in se stesso tutte le questioni fondamentali della coesistenza: dalla guerra alla pace, dall’indifferenza all’accoglienza. Anche la Chiesa cattolica, almeno negli ultimi secoli, in qualche misura ha finito con l’essere identificata quale parte del Primo Mondo: Chiesa occidentale; Chiesa europea; Chiesa angloamericana, ma comunque Chiesa figlia del Primo Mondo.

Il fatto che Papa Francesco abbia affermato che siamo in presenza di una “globalizzazione dell’indifferenza” è una critica molto rilevante certamente per tutti gli Stati che del Primo Mondo fanno parte, ma anche per la coincidenza del Cristianesimo stesso con il Primo Mondo.

Occorreva pertanto che si prendesse coscienza del problema non più attraverso le lenti del Nord del pianeta, ma attraverso gli occhiali di un Papa proveniente “dalla fine del mondo”.

Parliamo molto negli ultimi tempi dei Paesi del cosiddetto “Brics” (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) ma stentiamo ancora a collocarli in una classifica ideale che non sia fatta soltanto sul Pil o sul modello occidentale di democrazia.

Si è parlato infatti e si parla di democrazia da esportare; si è parlato e si parla di graduatorie mondiali sulla base del Pil di ciascun Paese; si è parlato e si parla di rapporto tra Stato e mercato in questo o quel Paese a qualunque Mondo appartenga. Ed è infatti in questo contesto che le nuove tumultuose manifestazioni di migrazione stanno prendendo corpo, come si rileva in riferimento alle politiche nazionali dell’immigrazione.

Siamo invece in presenza del cosiddetto modello “multiculturalistico” in Gran Bretagna; del modello cosiddetto “assimilazionistico” in Francia; degli esperimenti in corso in Germania e in Italia che tendono, pur disordinatamente, ad un certo “interculturalismo”.

Assistiamo allo stesso tempo a radicali modificazioni in atto nella società statunitense, nella quale perde ruolo la tradizionale maggioranza anglosassone, progressivamente sostituita in termini di popolazione da ispanici ed asiatici.

Ci si può pertanto chiedere fino a che punto il Primo può continuare ad avere un rapporto con il Terzo mondo prevalentemente ancora coloniale o quasi esclusivamente economico.

Il viaggio del Papa ha invece posto in evidenza la straordinaria novità dell’accoglienza basata sulla comune radice umana, che troppo spesso i Paesi del Primo Mondo hanno finito con il subordinare a esigenze di imperialismo politico o di sfruttamento economico.

Occorre ora che si riesca a dimostrare nei fatti che si è compreso il significato non solo religioso del viaggio di Francesco a Lampedusa.

Appare dunque auspicabile che sia proprio l’Italia ad assumere una qualche iniziativa capace di collocare l’intera Europa tra il Nord e Sud del mondo.

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