Papa Francesco porta avanti l’agenda della Teologia della Liberazione. Ne è convinto il teologo (già frate, oggi sposato, ma “francescano nello spirito”) Leonardo Boff, uno dei protagonisti di quel filone di pensiero sviluppatosi in America latina negli anni controversi e spesso laceranti del dopo Concilio. E’ bastato che Bergoglio tornasse quasi a casa per riproporre con forza il tema, il dilemma che molti si sono posti a partire dalla sua elezione, lo scorso marzo. Anche a Rio, l’ex arcivescovo di Buenos Aires ha mostrato la sua profonda devozione mariana e l’attenzione alla pietà popolare (si soffermò a lungo su quest’ultimo aspetto sei anni fa ad Aparecida), questioni che non sembrano vicini al cosiddetto progressismo. Sbagliato, rispondendo alle domande di Andrea Tornielli sulla Stampa, Boff dice che si tratta di “aspetti vicini alla teologia di liberazione. In Argentina questa si è sviluppata particolarmente come teologia del popolo, portata avanti dal gesuita Juan Carlos Scannone, che è stato insegnante di Bergoglio. Il Papa è vicino a questa teologia. Non è una devozione popolare pietistica, ma una devozione che conserva l’identità del popolo e s’impegna per la giustizia sociale”.
“Correnti sopravvissute per inerzia”
Eppure, faceva notare qualche settimana fa sull’Espresso Sandro Magister, il gesuita Scannone “aveva elaborato una teologia non della liberazione ma ‘del popolo’, centrata sulla cultura e la religiosità della gente comune, dei poveri in primo luogo, con la loro spiritualità tradizionale e la loro sensibilità per la giustizia”. Tanto per dire che i teologi di riferimento di Jorge Mario Bergoglio non erano Boff né Gutierrez né Sobrino. Inoltre, prosegue Magister, “su quel che resta della teologia della liberazione già nel 2005 Bergoglio chiuse il discorso così: “Dopo il crollo del socialismo reale queste correnti di pensiero sono sprofondate nello sconcerto. Incapaci sia di una riformulazione radicale che di una nuova creatività, sono sopravvissute per inerzia, anche se non manca ancora oggi chi le voglia anacronisticamente riproporre”.
Francesco e la chiesa che va per strada
Nonostante ciò, Boff vede in Francesco il passaggio “dall’inverno ecclesiale alla primavera”. In un intervento pubblicato il 23 luglio sul Manifesto, il teologo della Liberazione notava infatti che “dopo due pontificati caratterizzati da un ritorno alla grande disciplina e dal controllo delle dottrine”, ora “è arrivata una ventata di speranza, di sollievo, di allegria di vivere e pensare la fede cristiana. La chiesa è tornata a essere una casa spirituale”. E sempre Boff è convinto che Francesco nella chiesa cambierà parecchio: “Sta riformando il Papato. Il Papa spiega che preferisce una chiesa incidentata ma che va per strada, piuttosto che una chiesa asfittica e chiusa nel tempio”. Non si tratta tanto di desacralizzare il papato – aggiunge alla Stampa – quanto di “presentarlo nella sua vera dimensione evangelica”.
Il caso Müller
Che l’argomento sia sul tavolo lo sottolinea anche Massimo Faggioli su Europa . “Già con la nomina da parte di Benedetto XVI di monsignor Gerhard Müller a prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (era il luglio 2012) si era parlato, a causa delle frequentazioni latinoamericane del teologo tedesco, di una reviviscenza di quella stagione teologica”. Ed è stato proprio Müller (comunque criticato e/o apprezzato a seconda di come si prenda la questione sia da destra sia da sinistra) a mettere nero su bianco in una raccolta di saggi stampata in Germania nel 2004 e ora giunta in Italia che “il movimento ecclesiale e teologico dell’America latina, noto come teologia della liberazione, è da annoverare, a mio giudizio, tra le correnti più significative della teologia cattolica del XX secolo”. Parole lusinghiere che venivano spiegate dal prefetto come la volontà di attestare come la teologia della liberazione “abbia espresso nel contesto reale dell’America latina degli ultimi decenni l’orientamento a Gesù Cristo redentore e liberatore che segna ogni teologia autenticamente cristiana”.
La riconciliazione passa per il Brasile?
Ed è proprio il Brasile il terreno su cui potrebbe concretizzarsi la riconciliazione con Roma. Lo scrive il portale cileno Reflexion y Liberacion, lo stesso che rivelò l’ormai celebre frase di Bergoglio sull’esistenza di una lobby gay in Vaticano. E’ il gesuita José Aldunate a sottolineare “la congiuntura favorevole” per un passo formale e simbolico in questa direzione. Aldunante, come riportato dal sito Terre d’America, “è convinto che la teologia della liberazione rappresenti una traduzione legittima del Concilio Vaticano II in America Latina”. Certo, c’è sempre da fare i conti con Bergoglio, uno che, come ha scritto il vaticanista Lucio Brunelli, riuscì a far esprimere in armonia tutte le diverse sensibilità e “valorizzò insieme la devozione popolare e le istanze più autentiche della teologia della liberazione, depurata dalla crosta ideologica degli anni Settanta”.