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Ecco come Papa Francesco ha rivoluzionato il codice penale del Vaticano

Un testo breve, in italiano, per rivoluzionare il codice penale della Città del Vaticano. E’ il motu proprio di Papa Francesco che è stato pubblicato questa mattina, corredato da una (più lunga) spiegazione del sostituto della Segreteria di Stato per i Rapporti con gli stati, mons. Dominique Mamberti.

Tanti i temi toccati da Bergoglio nel documento che entrerà in vigore il prossimo 1° settembre. Innanzitutto, è stato abolito l’ergastolo, che sarà sostituito con la pena della reclusione da 30 a 35 anni.

Lotta dura contro gli abusi sui minori

Viene poi introdotto il reato di tortura e “l’ampia definizione della categoria dei delitti contro i minori”. Quali siano, lo spiega la nota della Pontitificia commissione per lo Stato della Città vaticano, che ha approvato le tre leggi che rendono operativo il motu proprio papale: “vendita, prostituzione, arruolamento e violenza sessuale in loro danno, pedopornografia, detenzione di materiale pedopornografico, atti sessuali con minori” .

E’ un passo significativo che rafforza la linea di trasparenza intrapresa e portata avanti da Benedetto XVI riguardo gli abusi sui minori. A essere soggetti della nuova normativa saranno tutti i dipendenti di uffici collegati alla Santa Sede, “indipendentemente dal fatto che si trovino sul territorio dello Stato della Città del Vaticano”, i nunzi apostolici, il personale diplomatico e quello della curia romana. 

L’adeguamento a Moneyval

Ma il motu proprio non si ferma qui, perché Francesco stabilisce che “in linea con gli orientamenti più recenti in sede internazionale” verrà “introdotto un sistema sanzionatorio a carico delle persone giuridiche, per tutti i casi in cui esse profittino di attività criminose commesse dai loro organi o dipendenti, stabilendo una loro responsabilità diretta con sanzioni interdittive e pecuniarie”. A tal proposito, il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, spiega che dopo le tre norme a corredo del motu proprio “altre leggi sono in preparazione, non di natura penale, nella direzione degli adeguamenti alle richieste di Moneyval”. Il riferimento è alle richieste avanzate dal Consiglio d’Europa alla Santa Sede perché questa rafforzasse il proprio regime di vigilanza in materia di antiriciclaggio. Anche in questo campo l’indirizzo è di perseguire e rafforzare la linea dettata da Joseph Ratzinger, che a fine 2010 creò l’Autorità d’Informazione finanziaria incaricata di sorvegliare tutte le attività riguardanti il settore economico e finanziario della Santa Sede. A presiederla, il Papa tedesco chiamò l’ex presidente dell’Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica), il cardinale Attilio Nicora.

Echi di Vatileaks

Già in questo passaggio si avverte l’eco di Vatileaks, reso più esplicito dall’introduzione nell’ordinamento vaticano dell’articolo 116 bis: chi d’ora in poi trafugherà documenti e rivelerà notizie riservate, rischierà fino a otto anni di carcere se – come ha chiarito il presidente del Tribunale della Città del Vaticano, Giuseppe Dalla Torre – “il documento trafugato riguarda interessi di particolare tenore e riservatezza”. Risulta subito evidente il paragone con la pena mite comminata all’ex maggiordomo di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, condannato a solo 18 mesi di reclusione (poi cancellati dalla grazia papale) per aver sottratto corrispondenza e altra documentazione dall’Appartamento del Pontefice. 


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