Chissà se nella valigia nera che Papa Francesco teneva stretta in mano salendo la scaletta dell’Airbus 330 dell’Alitalia che lo portava a Rio, c’erano documenti sullo Ior. Mentre il Pontefice sarà impegnato per una settimana in Brasile, in quella che ha definito la “settimana della gioventù” più che la semplice “giornata”, a Roma si continuerà a lavorare per rendere trasparente come un vaso di cristallo l’Istituto per le opere di religione.
Gli inquisitori a lavoro sullo Ior
Il presidente della banca vaticana (anche se per lui lo Ior non è tale), il cavaliere di Malta Ernst von Freyberg, ha deciso di non perdere tempo. Paolo Rodari ricostruisce oggi su Repubblica la mossa a sorpresa dell’uomo nominato da Benedetto XVI lo scorso febbraio in sostituzione di Ettore Gotti Tedeschi, silurato un anno fa. Da giorni, nel torrione di Niccolò V lavorano venti “inquisitori” della società americana di consulenza finanziaria Promontory incaricati di “scandagliare, uno per uno, i conti attivi all’interno della stessa banca”. Nulla viene lasciato al caso, il riserbo è massimo, tant’è che – scrive Rodari – “appena un intruso entra nella grande stanza dove lavorano, i computer vengono spenti”. Nessuno, a parte loro, deve vedere. Il metodo di lavoro è lineare: per ognuna delle 5.200 istituzioni e delle 13.500 persone fisiche che hanno uno o più conti aperti, gli esperti fanno lo screening, e quando trovano una transazione sospetta passano le informazioni al Chief risk officer, Antonio Montaresi. Questi poi riferisce a von Freyberg, che a sua volta trasmette gli atti all’Aif, l’autorità di informazione finanziaria presieduta dal cardinale Attilio Nicora.
Risultati entro dicembre
I primi risultati sono attesi per la fine dell’anno, quando gli ispettori di Moneyval (l’organismo del Consiglio d’Europa che si occupa di antiriciclaggio) pubblicherà il secondo report che farà il punto sul processo di adeguamento della Santa Sede alle normative internazionali. Il presidente dello Ior sa di essere tenuto sotto osservazione dalla commissione d’inchiesta creata ex novo qualche settimana fa dal Papa, a maggior ragione dopo le dimissioni (a quanto pare approvate, se non sollecitate, dallo stesso Bergoglio) del direttore generale Cipriani e del suo vice Tulli. Ecco perché, chiarisce ancora Repubblica, von Freyberg non vuole più che si ripetano “casi-Scarano : la notizia dell’arresto del monsignore dipendente dell’Apsa (l’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica) era giunta al numero uno dell’Istituto per le opere di religione solo tramite i giornali. D’ora in poi vuole essere lui “a denunciare le illegalità all’Aif, la quale chiederà l’intervento del promotore di giustizia vaticano, Raffaele Coppola”. C’è massima intenzione di collaborare con le autorità italiane, ed è probabile che tra le mura leonine si attenda con favore la richiesta di rogatoria internazionale della Procura di Roma per Scarano.
Il sospetto dei conti in affitto
D’altronde, come scriveva Massimo Franco sul Corriere di domenica, “continua ad aleggiare il sospetto che esistano ‘conti in affitto’ offerti a persone o società con grandi disponibilità di denaro per svolgere operazioni finanziarie protette in cambio di corposi contributi”. Non solo, ma da settimane “gira voce che alcune persone definite vicine allo Ior avrebbero contattato i vertici italiani di una banca estera per valutare la possibilità di compiere alcune transazioni”. Un tentativo andato a vuoto, perché “gli interlocutori hanno chiesto garanzie e condizioni che gli emissari dell’istituto non erano in grado di offrire”. E’ anche per questi episodi che Francesco ha deciso di andare spedito e di fare in fretta. Vuole che tutto ciò che avviene all’interno del torrione di Niccolò V venga chiarito. Solo dopo deciderà che fare dello Ior, se dare retta al gruppo di cardinali che ne chiede la chiusura o se limitarsi a cambiarne i connotati.
Capaldo: “Lo Ior torni alle origini”
Qualche idea più dettagliata su ciò che potrebbe avvenire l’ha data Pellegrino Capaldo, professore emerito di Economia aziendale alla Sapienza e grande conoscitore dei sacri palazzi. Secondo il docente, spiega ancora Massimo Franco, lo Ior deve tornare alle origini, “eliminando le anomalie e le deviazioni che si sono manifestate negli anni”. Sostanzialmente, si tratterebbe di trasformarlo per rendere chiaro che non è una banca. Operazione che consisterebbe nel “vietare esplicitamente” le operazioni che la fanno apparire tale. Alternative non ce ne sono, rimarrebbe solo lo scioglimento dello Ior e la costituzione di un nuovo organismo che si occupi solamente di opere di religione. Capaldo preferirebbe la prima opzione, perché lo scioglimento segnerebbe in maniera troppo netta ed evidente la discontinuità con il passato. La conseguenza sarebbe quella di dare implicitamente una valutazione negativa sul modo di operare della chiesa nei decenni scorsi.