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Renzi parla a tutti, il Pd si fa capire da pochi. Parla Realacci

Matteo Renzi afflitto da troppa visibilità? “Nessuno di noi è perfetto, ma è chiaro che Matteo ha come bussola permanente, e a mio avviso ampiamente giustificata, quella di provare a parlare agli italiani, mentre il Pd parla a pochi”.

Legge così il deputato verde del Pd e presidente della commissione ambiente a Montecitorio Ermete Realacci la vulgata apparsa sulla stampa di oggi secondo cui sarebbe il caso di “salvare Renzi da se stesso”. Il presidente onorario di Legambiente ragiona sui riverberi di azioni e dichiarazioni del sindaco di Firenze, nella consapevolezza che ciò che andrebbe tarato meglio è il rapporto tra politica e informazione politica.

Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera di oggi chiede al sindaco di Firenze di salvarsi a se stesso: excusatio non petita…
Un grande pezzo di colore che attira l’attenzione su una serie di elementi. Faccio due esempi concreti. Recentemente Matteo ha preso parte ad un evento nelle Marche della fondazione Symbola che presiedo. Un appuntamento robusto, sulla traccia “L’Italia deve fare l’Italia”, con esponenti di rilievo, quali il vicepresidente di Confindustria, il capo di Unioncamere per ragionare assieme sulla missione del Paese. Matteo ha fatto il suo intervento, diretto e franco come sempre, ma i giornali hanno sottolineato altro.

Ovvero?
I cronisti che lo hanno intercettato all’ingresso erano tesi a cogliere la battuta sulla vicenda politica del momento, più che il merito del suo intervento: ciò che poi è accaduto. Nei tg serali non c’è stata traccia delle idee che ci ha veicolato su quale Italia vorremo domani, mentre ampio spazio alle dichiarazioni raccolte en passant su governo e Pd.

Quindi la colpa è di chi scrive esagerando?
Ciò che sostiene Stella è vero, ma anche un po’ figlio del fatto che chi fa politica e chi fa informazione politica, ha un rapporto come quello tra Dorian Gray e il suo ritratto. Venendo a noi, tra i due non so personalmente chi sia la prima e chi incarni il secondo, ma la superficializzazione e per certi aspetti la ripetitività dell’informazione politica è un problema generale che a lungo andare può essere curato. È una sorta di eterno Processo di Biscardi, attorno a un fatto e ad una persona.

Gli effetti della visibilità di Renzi danno più fastidio alla stampa critica o alla vecchia nomenklatura piddì?
Nessuno di noi è perfetto, ma è chiaro che Matteo ha come bussola permanente, e a mio avviso ampiamente giustificata, quella di provare a parlare agli italiani. Mentre il grosso del dibattito che si articola nel Pd e fra i suoi esponenti, verte solo nel parlare ad un ristretto nucleo di persone. Con temi e linguaggi settoriali. Premesso che non guardo “Amici” non per una spocchia intellettuale ma perché non mi interessa oggettivamente, però Renzi è andato in quel contenitore per parlare a persone che mai sarebbero andate ad un suo comizio politico.

Nello “scontro” ideologico democratico quanto contano le posizioni renziane su meno tutele a chi ha un lavoro e più lotta contro la disoccupazione che tanto hanno seminato il panico nella Cgil?
Il welfare che ha in mente Matteo non è più leggero, magari costerà anche di più, però ha dalla sua una tutela maggiormente ampia. Ho letto che intende rilanciare il modello di formazione tedesco, ch incrocia in modo più approfondito la formazione professionale con il percorso scolastico. Ha ragione, perché il saper fare italiano è fatto anche dal saper fare artigianale e grandi capacità manuali. Una ricetta che va benissimo nell’export, con innovazione e investimenti.

twitter@FDepalo

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