La rivoluzione americana dello shale gas potrebbe spingere l’Italia e l’Europa a guardare ben oltre gli schemi attuali, per stringere partnership strategiche con alleati finora secondari dal punto di vista politico, come Russia e Africa. Una svolta che avrebbe ripercussioni non solo sul piano energetico e che potrebbe fare di Mosca “il nostro Texas”.
È un quadro complesso quello che l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ha delineato in suo intervento (leggi qui il testo integrale in inglese) che ha aperto i lavori sui nuovi scenari dell’energia di Atlantic Council. Una relazione che si inserisce nel racconto degli ultimi fatti di cronaca, che vedono l’intrigo kazako – nel Paese asiatico Eni partecipa al consorzio che sfrutterà il maxi-giacimento petrolifero di Kashagan – come un assaggio di ciò che ci attenderà nei prossimi anni.
RUSSIA: IL NOSTRO TEXAS?
Per Scaroni, l’interesse di lungo periodo dell’Europa coincide con quello dei suoi fornitori di gas: Algeria, Libia e soprattutto Russia. “Per sopravvivere le nostre imprese hanno bisogno di poter contare su gas a prezzi competitivi. La Russia ha tutto l’interesse ad avere un’Europa industriale forte e in crescita essendo il mercato di sbocco naturale dei suoi idrocarburi. Non credo che la Russia potrebbe diventare il nostro Texas in tempi brevi – precisa l’ad di Eni. Vi è ancora molta diffidenza soprattutto politica, ma quando gli interessi economici sono così vicini una strada prima o poi la si trova”. Eni, ricorda Scaroni, si muove già in quest’ottica, dal momento che “compra gas dalla Russia ogni anno per 8 miliardi di dollari” il che ne fa “il primo cliente di Gazprom al mondo”.
IL PREZZO DELL’ENERGIA
Alla base di questo profondo mutamento geopolitico ci sarebbe per Scaroni la nuova indipendenza energetica degli Usa. “La rivoluzione dello shale gas in America ha cambiato le dinamiche della competizione globale. Gli Stati Uniti godevano già rispetto all’Europa di un vantaggio competitivo… e oggi possono contare su tutta l’energia di cui hanno bisogno”. E quella che “è un’ottima notizia per gli Usa, non lo è per la nostra Europa. La nostra industria… deve ora competere con l’industria americana che paga il gas un terzo di quella europea e l’elettricità meno della metà”.
LA DEBOLEZZA EUROPEA E L’ASCESA AFRICANA
Nel solco di questo cambiamento, Scaroni sottolinea tra le righe come il Vecchio Continente, se vorrà sopravvivere alla competizione globale, dovrà darsi nuovi meccanismi decisionali. “In Europa c’è (shale gas, ndr) in quantità rilevanti. Per sfruttarlo appieno serve però un consenso politico che manca”. La nostra area “dovrà reinventarsi”, perché il Nord Africa – Algeria, Libia, ma anche Egitto, con cui dovremo essere in grado di dialogare – “smentirà i pessimisti diventando una regione forte e florida”, conclude l’ad di Eni.
Gazprom Eni Wintershall EDF sign agreement on South Stream