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Tunisia, la rivoluzione sterilizzata e il sangue che bagna la politica

Da un lato c’è chi in Tunisia vorrebbe “sterilizzare” la rivoluzione, con la contromossa di evitare il ritorno sulla scena di esponenti politici collusi con il vecchio regime e combattere i fenomeni di corruzioni.

Dall’altro l’affacciarsi della violenza politica, con l’assassinio di un membro dell’opposizione.

La schizofrenia del biennio post primavera araba tunisina porta conseguenze diversificate che non contribuiscono al rasserenamento della situazione politica nel Paese. Solo pochi mesi fa l’ombra di Ben Alì portava con sé riflessioni su come la fase dei Gelsomini non fosse stata seguita da un’azione politica vera e propria, tra la nuova Costituzione e le urne. E invece la cronaca delle ultime ore consegna uno scenario diverso.

La protesta
Lo scorso 29 giugno l’Unione per la Tunisia, cartello di sigle dell’opposizione guidato da NidaTunis e altre quattro formazioni di centro e di sinistra, sono scese in piazza. Convinte dell’immoralità della legge che demanda alla politica ciò che normalmente spetterebbe al diritto e al sistema giudiziario: punire quanti si sono macchiati di corruzione. Per questa ragione alcuni partiti politici tunisini, tra i quali NidaTunis, hanno indetto una mobilitazione per manifestare il proprio “no” verso un provvedimento ritenuto anti-democratico. E soprattutto dannoso per la giovane nascente Repubblica tunisina.

L’immunizzazione
Ma cosa si intende con immunizzazione della rivoluzione? Lo ha ben spiegato Pietro Longo, ricercatore presso l’Università Orientale di Napoli, sul “Corriere di Tunisi”. Secondo gli autori di questo slogan dovrebbe garantire una sorta di “purificazione dello Stato post-indipendente, dagli ex sostenitori di Bourguiba a quelli del Rinoceronte, sostanzialmente i cosiddetti RCDistes (gli appartenenti al Rassemblement constitutionnel démocratique)”.

Torna la violenza
Il segnale di quella spirale di violenza che si nutre delle difficoltà della politica si è avuto con l’omicidio di Mohamed Brahmi, membro dell’opposizione tunisina, freddato a Tunisi. Ex segretario generale del Movimento del Popolo e deputato dell’Assemblea costituente tunisina è stato ucciso durante un agguato nella sua abitazione dell’Ariana, falciato da dodici colpi di arma da fuoco a Cite’ Al Ghazela.

La testimonianza
Il 25 luglio 2012 in occasione della Festa della Repubblica tunisina “ero a Tunisi per vedere il museo del Bardo rinnovato per l’occasione – racconta la scrittrice italiana Ilaria Guidantoni (autrice di “Tunisi: chiacchiere, datteri e thè” Albeggi edizioni) – nella sede del Parlamento quel pomeriggio di Ramadan caldo, insieme a preoccupazioni e disillusione, si mescolava la speranza della giovane deputata di EnnahDa, Imen Ben Mohamed. Oggi, a distanza di un anno, quella speranza sembra sepolta. L’assassinio di Mohamed Brahmi, leader del Movimento del Popolo, è stato ucciso davanti alla propria abitazione, alla moglie e alla figlia con dodici colpi da sconosciuti. Un duro colpo alla transizione. Particolarmente grave perché cade in una giornata simbolico e nel mese sacro”.

twitter@FDepalo



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