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Vendere Eni ed Enel per abbassare l’Irpef. Il piano dei renziani

Privatizzazioni. È questa la parola magica che circola in queste ore nei corridoi della politica, dei fondi di investimento, tra gli addetti ai lavori e persino in programmi (elettorali?) di aspiranti leader.
Come Matteo Renzi che – nonostante i ripetuti attacchi all’esecutivo di larghe intese guidato dal collega di partito Enrico Letta gli siano valsi le “strigliate” del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – non perde il “vizio” di incalzare il governo con proposte che, malgrado la contingenza politica favorevole (Letta ha provato a inseguire Renzi su questi temi), mettono in difficoltà il Pd e quindi a repentaglio i già precari equilibri della maggioranza.

E così il sindaco di Firenze, dopo aver delineato le proprie idee in materia di fisco, lavoro e welfare, giustizia e immigrazione, nuova legge elettorale e diritti civili, ha voluto dire la sua per interposta persona anche sul piano di erosione del debito pubblico e di abbattimento della pressione fiscale evocato nelle scorse ore dal presidente del Consiglio e dal ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni.

TUTTI GLI UOMINI DEL SINDACO
Nel solco delle politiche “blairiane” care a Renzi, la proposta che proviene da una riunione del suo “cerchio magico” (qui la fotogallery di Umberto Pizzi) è stata diffusa dall’agenzia di stampa Public Policy, che ha raccolto le dichiarazione dell’economista Yoram Gutgeld (nella foto, al centro), deputato del Pd, israeliano, studi in Usa ed ex McKinsey.
Che per mettere da parte ogni polemica ha subito precisato: “Non è il programma di Renzi, ma una piattaforma messa a disposizione del Paese, del Partito democratico e aperta a tutti“.
Il rilancio parte da sinistra“, spiega a margine di un convegno d’area, ma la relazione base su cui intervenire e riflettere è sua e al tavolo, oltre a Dario Nardella, ex vicesindaco di Firenze, ci sono Alessandro Profumo (Montepaschi) e Fabrizio Landi, Cassa di Risparmio di Firenze, mentre in platea si notano il ministro Graziano Delrio, Paolo Gentiloni e Giovanni Legnini.

LE PRIVATIZZAZIONI DEI RENZIANI
Gutgeld, riporta Public Policy, premesso che “il problema dei problemi per l’Italia è la qualità della sua classe dirigente“, avanza una serie di idee: “L’unico modo per riattivare i consumi nel brevissimo periodo è ridurre l’Irpef in modo significativo alle fasce medio basse, in ragione di 100 euro al mese“. Per finanziare la misura, Gutgeld propone di privatizzare parte del patrimonio pubblico, ma non solo quello immobiliare, ma anche “quote di Eni e Enel“. Un’eventualità stimmatizzata da numerosi osservatori, tra cui lo storico ed economista Giulio Sapelli, che la ritiene una misura inefficiente, che avrebbe come unico risultato a medio termine quello di impoverire ulteriormente il tessuto industriale italiano.

IL PIANO GIOVANI
Altra misura da attuare nell’immediato, spiega il deputato del Pd, è “un grande piano di inserimento di 500 mila giovani nel mondo del lavoro, finanziato con tagli alle “pensioni d’oro“, che sono, a sua valutazione, quelle oltre sette volte il trattamento minimo Inps “senza versamenti sottostanti“.

UNA STAGIONE DI RIFORME
E poi le riforme: quelle istituzionali, come lotta ai privilegi della varie caste, e quella tributaria, agendo su deduzioni e detrazioni, ma anche tagli alle tariffe di assicurazione e costi dell’energia. All’attuale assetto Gutgeld oppone uno sviluppo con più equità, una crescita fondata su uno stato sociale, che se gestito bene può essere motore di sviluppo“, con un migliore rapporto tra tasse pagate dal cittadino e servizi in godimento, “perché oggi l’assistenza sociale va soprattutto ai più ricchi“.

NO AI LUOGHI COMUNI
L’economista di Renzi – conclude l’analisi di Public Policy – si è soffermato a sfatare la validità di tanti luoghi comuni oggi imperanti: uscire dall’euro: “Ci costerebbe subito 60-70 miliardi in maggiori interessi sul debito“; più investimenti pubblici? Dal 2000 al 2010 abbiamo investito per 10 miliardi più della Germania, ma spendendo male, “peggio che per la spesa corrente; le imprese chiudono per l’alto costo del lavoro? Vero solo in parte: i 10 punti che ci distanziano dalla Germania sono dovuti all’inflazione; l’evasione fiscale in alcuni casi è “motore di sviluppo; il taglio alla spesa discrezionale“: è possibile, perché, ad esempio, l’esercito in Italia costa il doppio con metà potenza di fuoco rispetto a quello di Israele. Un altro colpo ad un certo terziario è venuto da Fabrizio Landi (Menarini Diagnostic): affidando a strutture ad hoc i 40 mila anziani lungodegenti, “parcheggiati in ospedale“, che costano oggi mediamente 330 ero al giorno, la sanità potrebbe risparmiare 150 euro/giorno a paziente, “ma – osserva – salterebbero molti primari“.

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