“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole. Anzi di antico”. A voler usare la prosa c’è da dire che negli ultimi tempi sono avvenuti alcuni fatti nuovi ad indicare che non è morta del tutto la (antica) politica.
Intendiamo riferirci a quanto è accaduto nella giornata di sabato: segnatamente al colloquio di Silvio Berlusconi su Il Giornale e all’iniziativa romana di Scelta civica per l’Italia. Tra i due eventi non c’è stato alcun collegamento diretto, ma ambedue hanno determinato (e determineranno) degli effetti sul quadro politico e il governo.
Attenti al Cav.
Cominciamo da Silvio Berlusconi. La sua sarà stata una scelta tattica, ma il cambiamento di linea (ancorchè tardivo e forse inutile) è evidente. Il Cavaliere, nel colloquio con Paolo Guzzanti, ha dichiarato di credere che i giudici della Suprema Corte sapranno riconoscere la sua innocenza e lo ha fatto fornendo elementi di merito che di per sé hanno un peso, anche su quell’opinione pubblica che di narici ne ha solo due, ma che non è disponibile a condividere, sempre e comunque, la tesi della congiura giudiziaria contro di lui.
L’input del Cavaliere
Addirittura Berlusconi ha ordinato ai suoi di abbassare i toni (“Spero solo che i giudici non si incazzino per l’eccesso di urla e di titoli di giornale”) come se volesse ribadire: “Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io”. Ma il Cav è troppo intelligente e scafato per sapere che la partita con i giudici non si recupera con un’intervista mite dopo anni di polemiche. La sua svolta (anch’essa tattica) ha un altro obiettivo: fare da scudo al governo di Enrico Letta e non fornire alibi alla completa rottura del cordone ombelicale tra esso e il Pd.
La canea antigiudiziaria
La canea antigiudiziaria dei più esagitati del Pdl (quelli e quelle che si sono spinti a minacciare la crisi nel caso di sentenza di condanna) è già di per sé un alibi per larghi settori del Partito democratico che vogliono far cadere Letta e chiudere la pagina della maggioranza di larghe intese.
Il Pd ha perso la testa
Il picco a cui è giunto l’antiberlusconismo nelle ultime settimane non ha precedenti. Il suoi nemici sembrano una muta di cani in una caccia alla volpe, i quali sentono di essere vicini a sbranare la loro vittima (fuor di metafora a risolvere definitivamente e per sempre il caso Berlusconi). Le reazioni suscitate, nel Pd, dalla sospensione dei lavori parlamentari per un pomeriggio (a fare marcia indietro era stato il Pdl rispetto a più bellicose intenzioni iniziali) e dal ddl a prima firma di Massimo Mucchetti, sono il segno di un partito che ha perso la testa, in cui ogni cosa viene strumentalizzata a fini di lotta interna.
Gli effetti del caso kazako
Sotto questo aspetto ne vedremo delle belle nella vicenda della moglie e della figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. Pur di dare addosso ad Angelino Alfano si sta dimenticando che l’Italia intrattiene normali rapporti con il Kazakistan, che la signora era in possesso di un passaporto diplomatico falsificato. Ma è sufficiente che il premier kazako sia amico di Berlusconi per fare bingo e definire subito chi ha ragione e chi torto.
L’intervista al Giornale
Tornando al colloquio su Il Giornale, vi sono affermazioni molto esplicite di appoggio al governo Letta, sia per la sua mission (sempre più incerta e contrastata) di pacificazione nazionale, sia per il momento difficile in cui versa il Paese. Anzi, si può dire che persino la bandierine elettorali – Imu ed Iva – che i corifei del Pdl agitano ad ogni pie’ sospinto, nelle parole dell’ex premier finiscono sullo sfondo a raccogliere qualche laconico omaggio rituale.
La linea del Piave
Berlusconi ha capito che Giorgio Napolitano e, per conto del Colle, Enrico Letta, sono per lui una sorta di linea del Piave. Se cade questo governo e va in frantumi l’attuale maggioranza, i suoi nemici dilagheranno nelle pianure, con un solo obiettivo: Berlusconi a Piazzale Loreto. Molti esponenti del Pdl hanno compreso che – nei momenti in cui tutto può saltare – è meglio stare al governo che esserne fuori. Oltre ai ministri, vi sono personalità come Fabrizio Cicchitto che non esitano a far funzionare il cervello, a fronte di quanti, esagitati, sognano la palingenesi elettorale. Staremo a vedere: in fondo, in politica come in tutte le vicende umane, conta molto anche la fortuna.
La funzione del montismo
Sul fronte di Scelta civica c’è solo da dire che il movimento fondato da Mario Monti, dato più volte sull’orlo della scissione, dipinto come una sarabanda di personalità saccenti e presuntuose, ha dimostrato invece di esistere, di fare dei discorsi politici di prospettiva e di disporre di un gruppo dirigente in formazione. Soprattutto, la convention di sabato ha voluto e saputo mettere in evidenza, con orgoglio, che il governo Letta rappresenta non già la cesura o l’alternativa al governo dei tecnici, ma la continuità. Non solo come formula (le larghe intese), ma come linea politica, nel senso che gli spazi al cui interno l’esecutivo si muove sono stati aperti dall’azione della compagine di Monti. E qui sta anche il ruolo che Scelta civica può svolgere adesso, ben al di là della sua consistenza numerica.
Il futuro di Scelta Civica
Il partito deve essere il guardiano dell’Unione sulle politiche italiane. E’ ormai evidente che, nell’area dell’euro e in Europa, le politiche dei singoli Paesi si muovono guidate da un pilota automatico, a cui nessuno è in grado di sottrarsi. Questo “pilota”, nel caso Italia, è molto attento all’imprimatur che la “quinta colonna” dell’Unione ovvero Scelta civica rassegnerà su ogni provvedimento. Monti è chiamato a svolgere – in maniera più stringente e determinante in conseguenza dei vincoli istituzionali in cui versa il Paese – il ruolo che nella prima Repubblica fu di Ugo La Malfa. Per fortuna i mercati non sanno che farsene degli scioperi generali, ma ascoltano le valutazioni di chi sa come va il mondo. Anche se si tratta di una minoranza. Qualcuno dentro Scelta civica può pensare che il mestiere del Grillo parlante non porta consensi. Errore. Monti non prenderà mai – qualunque cosa faccia – il voto degli ‘’esodati’’. Deve invece farsi votare da coloro – e non sono pochi – che hanno capito in che cosa consiste veramente un fenomeno che i media hanno strombazzato oltre misura.