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La fine del governo Letta sarebbe la fine dell’Italia

La sentenza con cui la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a Silvio Berlusconi per il processo sui diritti televisivi Mediaset ha acceso lo scontro politico.
I falchi del Popolo della Libertà hanno chiesto al Capo dello Stato la grazia per il loro leader minacciando altrimenti un ritorno anticipato alle urne.
Ma la combinazione tra un’economia già in fortissima difficoltà e l’acuirsi di una crisi istituzionale che sfociasse nella caduta del governo di larghe intese potrebbe essere l’elemento perché i mercati voltino definitivamente le spalle all’Italia, con conseguenze drammatiche.
Un rischio del quale è convinto Giampaolo Galli (nella foto), deputato del Pd, già direttore generale di Confindustria ed economista alla Banca d’Italia, che in una conversazione con Formiche.net spiega perché l’esperienza dell’esecutivo Letta non può interrompersi adesso.

Onorevole Galli, che ripercussioni economiche può avere un ulteriore inasprimento della crisi politico-istituzionale?
I mercati finanziari e le cancellerie degli altri Paesi stanno guardando con grande attenzione e preoccupazione a quello che succede in Italia. Fino ad ora i mercati ci sono stati favorevoli, ma c’è l’opinione diffusa che siamo di fronte alla classica “quiete prima della tempesta”. Una calma che può essere dovuta a molti motivi, principalmente alla enorme liquidità immessa dalla Fed e da Bank of Japan, ma che potrebbe venire meno per qualunque incidente nazionale o internazionale, come la fine della politica americana di quantitative easing o una sentenza sfavorevole della Corte tedesca costituzionale sulla legittimità dell’Omt di Mario Draghi. Ciò esporrebbe l’Italia a rischi molto concreti.

Con quali conseguenze?
Non è possibile dirlo con certezza, sia perché siamo nel campo delle ipotesi sia perché sarebbe il primo caso, nella storia, di una crisi di così vaste proporzioni. Nei giorni scorsi il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina, ha parlato di “rischio Troika”, come per la Grecia. Ha ragione, ma c’è una piccola, grande differenza: la Grecia, seppure in modo discutibile, è stata salvata con prestiti che non hanno precedenti, pari in grandezza allo stesso Pil del Paese. Per l’Italia il discorso sarebbe molto differente. La nostra economia non è minimamente paragonabile a quella ellenica. Allo stesso modo, in astratto sarebbe razionale per il mondo salvarla, perché un crollo del nostro Paese avrebbe effetti devastanti sull’intera economia mondiale. Quindi ci si aspetterebbe che, malgrado la necessità di risorse enormi, Usa, Unione europea e Cina non lascino fallire l’Italia, ma…

Ma?
Ma gli esiti storici non sempre sono quelli razionali. Ci sono le emozioni, le politiche, gli elettorati. Pensi al Brasile, che si rifiuta di dare il proprio ok al Fmi per il prestito alla Grecia. O al candidato premier dell’Spd tedesco che due giorni fa ha detto basta con piani di aiuti al Paese ellenico e lo ha sottolineato avendo alle sue spalle una foto di Karl Marx.

Questo come si lega con le cronache?
L’Italia è un Paese debole economicamente, per via della bassa crescita e dell’alto debito pubblico, e in questa situazione una crisi di governo ci indebolirebbe ulteriormente e ci esporrebbe ai rischi che ho descritto. Uno scenario assolutamente da evitare. Tutti i leader politici si rendono conto che una caduta dell’esecutivo in questo momento può significare il disastro. Il presidente della Repubblica Napolitano ha parlato di “contraccolpi irrecuperabili”. Potrebbero volerci generazioni per riprendersi da un crollo del Paese. Di fronte a danni di questa entità è bene che non ci siano crisi politiche. Però è evidente che qualcosa può andare storto.

Si riferisce alla protesta del Pdl per la sentenza nei confronti di Berlusconi?
Per carità, è perfettamente legittimo protestare e manifestare; è una questione di toni. Per esempio non si può porre il tema della grazia in termini di aut aut rispetto alla sopravvivenza del governo.

Pensa che la grazia sia un’umiliazione per Berlusconi?
Sì, da osservatore mi ha un po’ stupito che il Pdl abbia posto questa questione. A me pare che la grazia comporti un’ammissione di colpa e comunque la definitiva uscita di scena di Berlusconi.

In molti ritengono che Berlusconi sia fuori comunque.
Su questo ho qualche dubbio. E penso che in uno scontro elettorale un Berlusconi in cattività sarebbe un avversario temibile. Potrebbe diventare martire di quella parte d’Italia, che lo ha votato e continuerebbe a farlo. In ogni caso il ritorno alle urne ora si configurerebbe come un plebiscito pro o contro la magistratura e questo mi sembra un altro rischio da evitare.

Quale via d’uscita, allora, da questa crisi?
Credo che la strada per salvare l’Italia sia quella delle riforme economico-istituzionali che ha intrapreso faticosamente il governo Letta. Per questo motivo bisogna dargli forza e ossigeno e non continuare a logorarlo. Chi vuole bene al Paese, in questo momento, deve mettere da parte i personalismi per concentrarsi sulla stabilità del governo.


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