Solo un indulto (se applicato) può salvare (forse) Silvio Berlusconi dal rischio di non essere eletto alle prossime politiche (cui ci stiamo velocemente dirigendo con buona pace di tutti, magistratura compresa).
C’è una aria fetida in giro, di odio (da una parte e dall’altra), di rancore/livore, quasi la voglia irrefrenabile di trovare un “virus” di anti-politica per risolvere, in stile Guelfi e Ghibellini, questa storia infinita di screzi tra centro-sinistra e centro-destra, che ha il suo culmine in un governo di larghe intese (fondato su un inciucio posticcio tra due fronti opposti in tutto e per tutto).
Specchio esemplare, però, di un Paese “finito”, che la politica di questi ultimi anni, ha contribuito a mangiarsi, prima distruggendo e poi ricostruendo anche quello che non serviva più. Adesso ci sono solo le rovine e tre grandi minoranze che sono bloccate in una terra di nessuno, dove lo sport più utilizzato è quello di gettarsi secchiate di fango addosso l’uno con l’altro.
In mezzo 65 milioni di italiani, che vorrebbero ripartire e che si sono “rotti” del centro-sinistra, del centro-destra, di Casini e compagnia cantante (sempre che possa rappresentare nel futuro un “centro” credibile) e di un M5S, ormai votato al turpiloquio (la battuta di ieri su Letta e sulla “scorreggia nello spazio” è l’esemplare emblema di questo schifo imperante).
Degno di nota è anche il comportamento della stampa italiana, praticamente legata a filo doppio ai due schieramenti principali e incapace di raccontare la realtà, se non quella di parte che interessa di più per fini editoriali e non solo. Per capirne qualcosa bisogna comprare ogni giorno una copia del “Fatto Quotidiano” ed una di “Libero” e poi fare la media di ciò che scrivono. Piuttosto imbarazzante perchè ogni notizia è condita di livore e odio, di destra verso sinistra e di sinistra verso destra. Uno schifo assoluto come lettore e come cittadino.
In tutto questo caos pazzesco, dove all’ex premier Berlusconi è stato ritirato in tempi lampo anche il passaporto, nemmeno dovesse scappare, stile Gheddafi, in una Cirenaica tricolore, per cercare un “buen ritiro”, il centro destra si trova nel compito più difficile della propria storia: individuare in tempi record un leader alternativo a “Lui”.
Ma la colpa è anche di Berlusconi che non ha mai fatto crescere nessuno dei suoi potenziali “delfini”: Gianfranco FINI si è sciolto al sole, dopo l’ormai noto “Che fai mi cacci” (ormai si diverte con la sua erigenda Fondazione in quel di MonteCarlo); Angelino Alfano dopo il caso kazako ha mostrato limiti incredibili; Roberto Maroni ha la testa, ma non i voti (la Lega Nord è ormai un ricordo sbiadito del movimento di protesta che fu sotto la direzione di Bossi e dell’ideologo Miglio), poi c’è la Destra di Francesco Storace (ad ogni votazione vede i suoi fedelissimi staccarsi verso altri lidi); per non parlare dei Fratelli d’Italia, dove si è “rifugiato” Gianni Alemanno che ha voluto giocare a “poker” con la rielezione a sindaco e si è fatto sconfiggere pesantemente da un candidato che a malapena conosce la Capitale. Sempre i FdI hanno un quadriumvirato composto da Giorgia Meloni (ideale Giovanna d’Arco di una Destra senza identità), Crosetto (anche se ha una bella testa e dialettica), Rampelli (forte da sempre a Roma, grazie ad una “politica muscolare”, ma niente più) e Ignazio La Russa (sempre più sbiadito anche in tv).
Poi c’è un pool di ex ministri e fedelissimi di Berlusconi, che hanno “senso” se il Cavaliere rimane in vita politicamente, altrimenti li vedremmo sparire velocemente negli annali della politica.
Da poco si è legato al centro-destra anche Luciano Ciocchetti (ex UDC), molto radicato nel Lazio, oggi alla ricerca di una sua identità politica come fondatore di Idee popolari. Riparte da Roma con un consigliere regionale (Pietro Sbardella), ex lista civica Bongiorno, e un comunale (Ignazio Cozzoli), ma per allargarsi ha bisogno di uomini e denaro. Ha però una formazione politica, che oggi molti non riuscirebbero ad acquisire neppure se decidessero di fare un corso di riparazione al CEPU.
Si sta avvicinando velocemente al mondo del centro-destra il PLI. E’ un grande marchio, con una storia e valori solo da “rispolverare”. Vogliono ripartire “federando” una serie di movimenti associativi presenti sul territorio e presentandosi alle politiche con un marchio globale, che rappresenti i diversi mondi della filosofia/storia liberale. Un progetto interessante guidato da un politico navigato (Stefano de Luca), ma che ha bisogno di nuovi volti (soprattutto credibili) e tanta coesione per iniziare ad essere considerato valido non solo dai rivali, ma soprattutto dagli alleati della prossima campagna elettorale.
Per capirne di più come giustamente mi ha suggerito un altro blogger di Formiche.net (Lucio Fava Del Piano) servono tre elementi:
a) il momento temporale in cui si andrà a votare
b) la tipologia di legge elettorale (porcellum, mattarellum o cos’altro?)
c) il numero delle coalizioni (che potrebbero nascere subito prima o dopo il congresso del PD, visto che molti prevedono una frantumazione di questa corazzata di centro-sinistra, con pezzi importanti che potrebbero finire proprio nella nascente coalizione di centro).
Cosa manca al centro-destra? Tante cose. In primis un leader che possa sostituire un Berlusconi, magari utilizzato come “padre nobile” del nuovo centro-destra, ma anche capitali strategici (che in questo momento ha solo proprio l’ineleggibile Berlusconi) per sostenere una campagna elettorale, che non sarà come le altre: chi perderà sarà fuori dai giri importanti per almeno 10 anni e nessuno vuole perdere.
Servono anche volti nuovi, persone provenienti dalla società civile, ma non utilizzati come “scudi politici” per rifarsi l’immagine di fronte agli elettori, come è successo in Scelta Civica (frantumata ancor prima di trasformarsi in un partito e questo la dice lunga sul livello di litigiosità presente nel mondo politico senza distinzione di colori). Se il centro-destra avrà il coraggio di presentare donne e uomini dal cv prestigioso e dalla moralità specchiata, potrà di nuovo vincere anche senza Berlusconi (pur rimanendo, quest’ultimo, nel doppio ruolo di padre nobile e principale endorser economico). La domanda è: avrà Berlusconi il coraggio e l’umità di rimanere in “seconda fila”, per rilanciare definitivamente un nuovo centro-destra? Al momento nessuno (nemmeno Lui) potrebbe rispondere a questo quesito.
Altrimenti il destino di questa compagine è segnata ancora prima che venga fissata la data di nuove elezioni.
E sempre a destra qualcuno dovrebbe chiedersi come mai sull’altra sponda del fiume (il centro-sinistra), nonostante le innumerevoli contraddizioni ci sia comunque un “fiorire” di giovani: penso a Matteo Renzi (anche se è più facile parlare per slogan che governare), ma anche ai “Giovani Turchi” di Orfini, a Filippo Civati, ma la lista è lunga. Chiuse le sezioni dei partiti, investito solo sull’immagine di Berlusconi, il centro-destra è ormai una compagine “peronista”, senza un’anima e un dibattito interno. Tagliata la testa, il corpo non vale più nulla.
Nel centro-destra si sono tutti appiattiti su Berlusconi, che è un animale politico di altissimo livello (oltre che una persona dalla grande “riconoscenza” per i suoi fedelissimi), ma non ha mai amato trovare di fronte a sè personaggi politici che si rapportassero con lui a livello dialettico.
Oggi, dopo 20 anni, non chiediamoci perché non c’è un leader alternativo che dico uno.
Questa è la condanna più grave per il più grande imprenditore italiano (l’unico che è riuscito a realizzare l’american dream in Italia), non tanto quella per frode fiscale.
Anche perché mi permetto di sottolineare che in un Paese (l’Italia) famoso in tutto il mondo per l’evasione, di imprenditori, che dal Dopoguerra ad oggi, sono stati più in Svizzera che in Patria (anche se la scusa era la vacanza fuori porta) e che ha legalizzato il rientro dei patrimoni all’estero “scudandoli”, chi ha il coraggio di lanciare per primo la pietra nei confronti del “Leone ferito” di Arcore?
Cerchiamo piuttosto di introdurre in tutti gli ambienti (dalla politica, all’imprenditoria, alle istituzioni, ecc.) i valori della moralità, rendiamoli attivi e poi (forse) accetterò questa sentenza della Corte di Cassazione sul caso Mediaset, che scivola inevitabilmente in una condanna politica, per azzerare (non a caso) l’unico esponente del centro-destra in grado di vincere (alle ultime politiche ha perso alla Camera per appena 128 mila voti) anche per la quarta volta e da solo contro i rivali del centro-sinistra. Sarà un caso? Non credo proprio.