Dopo che la crisi emersa con la condanna a Silvio Berlusconi è uscita dalla sua fase acuta, ecco che i gravi problemi del Paese hanno preso di nuovo il sopravvento. La polemica riguarda soprattutto due fronti che insidiano adesso il Governo Letta. Da un lato la discussione interna al Pd, nella cui Direzione Nazionale il premier è intervenuto non nascondendo le trame che potrebbero condizionare l’esecutivo. Egli ha osservato, quasi a dissipare illusioni inutili, che in caso di crisi, provocata magari proprio dai dissidi interni in casa democratica, l’unica alternativa è votare con questa legge elettorale, finendo nuovamente alle larghe intese.
Dall’altro lato, invece, impazza l’eterno dilemma dell’Imu, alimentato da nuove dichiarazioni pessimiste sui conti del ministro Saccomanni. La reazione del Pdl è stata durissima. Berlusconi in persona è intervenuto dicendo che “la tassa sulla prima casa e sui terreni e fabbricati agricoli non si deve più pagare. Dal 2013 e per tutti gli anni a venire”. Insomma niente patrimoniale sui domicili, né ora né mai.
In questo clima di tensione non è consigliabile una gestione pattizia e conciliante. Anzi, è molto importante che Letta non cada nell’impasse che deriverebbe da un procedere troppo per mediazioni, alla fine condannandosi da solo all’impopolarità.
Vi sono, ad esempio, a prescindere dai due blocchi d’interesse contrapposti, che seguono spesso molto più le logiche politiche che le esigenze reali dei cittadini, alcune pretese sociali che esigono decisioni chiare e forti, da cui può venire quel consenso che è unico criterio democratico valido per un governo. Oggi abbiamo un sistema sociale che è fortemente recessivo. Ci troviamo cioè in una situazione strutturale che vede contrapposte una classe parassitaria enorme di lavoratori non produttivi, che vivono sostanzialmente di diritti legalmente garantiti e palesano un malcontento per la pressione fiscale che rallenta i consumi; e una classe attiva e produttiva, pubblica e privata, che invece potrebbe concorrere a uscire dal ristagno, se non avesse tante imposizioni fiscali inutili.
In ambedue i fronti si sta creando una consapevolezza comune che è reattiva verso la politica e desidera un abbassamento drastico del cumulo fiscale sia per i lavoratori e sia per gli imprenditori. Il punto veramente unificante è la tassazione degli immobili e in particolare l’Imu sulla prima casa. Tale imposta colpisce, infatti, praticamente tutti: risparmiatori, imprese e ceti popolari.
E’ quindi assolutamente fondamentale che il Governo decida rapidamente in questa materia, partendo da un presupposto autonomo di lettura delle peculiarità che distinguono la nostra comunità. Il popolo italiano è profondamente democratico, solo che interpreta questo valore civile sostanziale senza più fiducia nella rappresentatività dei partiti, ma come volontà d’indipendenza e autogoverno. Alla gente va bene qualsiasi maggioranza purché il Governo faccia fronte alle difficoltà oggettive. Stretta su immigrazione e taglio drastico delle spese, rilanciare la competitività del nostro sistema economico, abbassando costi, tariffe e pressione fiscale, eliminare l’Imu e, soprattutto, difendere la sovranità nazionale.
Nella presente fase storica, ognuno costituisce il parametro del proprio consenso su alcuni principi fondamentali di libertà, i quali non tollerano titubanze e tatticismi, fossero anche solo per rispettare accordi europei e patti di stabilità.
Insomma, se la politica del Pd è lacerata da vecchi schematismi sindacali, che puntano sulla tutela elettorale di categorie improduttive abituate da decenni ad avere diritti senza lavoro e rendimento, allora Letta compia subito una svolta a destra, accogliendo le istanze di defiscalizzazione e di rilancio dinamico dei ceti imprenditoriali da cui unicamente può affiorare una ripresa.
Adesso il futuro politico dell’Italia dipende intrinsecamente dal riuscire a fare quelle cose giuste che tutti sanno che sono indispensabili. Se Letta è veramente all’altezza delle larghe intese, se, con il suo profilo serio e assennato, è veramente uno statista, lo dimostri accogliendo e facendo sue, con convinzione, le riforme giuste reclamate da destra, senza diplomazie e senza badare al suo futuro nel Pd. In caso contrario, infatti, il centrosinistra e il centrodestra cadranno insieme sotto le macerie di un Paese stremato e incattivito dall’inefficienza e dalla povertà.