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Hollande tenta la carta carbon tax per fare cassa, ma c’è il veto dei socialisti

È come la tela di Penelope: tutti a parole la tessono, ma di notte la disfano, ovvero poi nei fatti concreti non la mettono in pratica, anzi, la contrastano. La carbon tax è un vero e proprio cruccio per le Cancellerie europee. Dopo il tentativo naufragato da parte dell’ex inquilino dell’Eliseo, Nicolas Sarkozy, ecco che François Hollande (tra le numerose difficoltà che il suo mandato presenta) pare intenzionato a fare sul serio questa volta. Sarà la molla per stimolare gli altri governanti continentali?

Non, merci
Il no grazie alla tassa arriva direttamente dal simposio dei socialisti riuniti nel conclave di La Rochelle. L’annuncio da parte del ministro dell’Ecologia, Philippe Martin, della creazione di un “contributo clima-energia” è stato accolto senza entusiasmo dalla scuola estiva del Partito socialista francese. Due ministri, Benoît Hamon e Stéphane Le Foll, non nascondono la loro sorpresa dopo l’evocazione di Pierre Moscovici e Laurent Fabius. A disagio Stéphane Le Foll che dice, “non ne sono a conoscenza”. Il ministro dell’Agricoltura ha anche messo in guardia contro un aumento pressione fiscale: “Bisogna fare attenzione a non sposare un’intesa con sforzi francesi per qualcosa che non sarà poi accettato”. E mentre il governo si prepara a svelare i contenuti di una riforma delle pensioni dolorosa, l’annuncio del nuovo “contributo” non poteva avere esito peggiore. A metà giornata i socialisti ne propongono la cancellazione, ripetendo il mantra che non sarebbe una tassa aggiuntiva, ma un modo di “inversione delle imposte esistenti.” Ma nei corridoi de La Rochelle l’irritazione resta per un annuncio a sorpresa ritenuto sgradito, mentre alcuni sostengono l’esigenza di tornare alla detassazione degli straordinari.

Le reazioni
François Rebsamen, leader dei senatori socialisti, ritiene che una “nuova tassa” ecologica sarebbe “punitiva”. Spostiamo l’attenzione sulle famiglie a basso reddito, ha invitato il ministro della Famiglia, Dominique Bertinotti. Quanto a Segolene Royal sta moltiplicando in questi giorni gli avvertimenti. Il presidente della regione Poitou-Charentes offre una “moratoria per non aumentare le tasse” e non fermare il potere di acquisto. “L’ecologia non deve essere una punizione” è la vulgata in vigore tra i socialisti, secondo cui questo non è il momento di mettere tasse aggiuntive “.

Storia della carbon tax
In principio furono i finlandesi ventitrè anni fa che ebbero l’intuizione di tassare cittadini e imprese su prodotti e servizi, riguardo alla quantità di gas serra e anidride carbonica prodotti, con appena dodici mesi dopo anche la Svezia attiva. Anzi, distinguendosi per la rigidità della misura, con la maxi tariffa di 120 euro (da 25 euro) per ogni tonnellata di Co2 prodotta. Da quel momento è stata una vera e propria catena con altri Paesi membri che, in forme differenti, hanno guardato al balzello sul Co2, come Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi e Irlanda.

I big latitanti
Ma la tassa non ha ottenuto la sufficiente sensibilizzazione da parte dei cosiddetti big europei, come Germania, Inghilterra e Francia, che hanno sempre nicchiato sull’argomento nonostante l’Ue abbia avviato una sorta di revisione della direttiva in questione, la 96 del 2003, che tassa i prodotti energetici. Tra l’altro l’Italia sotto il governo Monti , aveva previsto una tassa del genere nella delega fiscale approvata: il provvedimento però non ha ancora visto la luce.

twitter@FDepalo

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