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I moderati? Insieme nel segno del Ppe

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Non c’è mai stata una seria considerazione su cosa sia stata la Prima Repubblica. Per questo mi auguro che Ernesto Galli della Loggia (autore ieri dell’editoriale “La solitudine dei moderati”, ndr) concorra a fare chiarezza su questo punto.

In quei lunghissimi anni, un partito non di centro ma centrale ha concorso a realizzare per la prima volta in Italia un grande equilibrio democratico dopo il fascismo e ha contrastato culturalmente quanti ritenevano che “adda venì Baffone”.

Quella centralità in qualche misura ha compreso i due grandi schieramenti, i popolari e i socialisti, che si sono sviluppati in Europa. Forse non abbiamo mai realizzato sufficientemente l’importanza fondamentale che la Dc riservò al Ppe. È il momento di farlo visto che non vi è più l’incombenza del fascismo da un lato e si è dissolto l’impero comunista dall’altro.

Nella nuova centralità mi auguro si possano confrontare due grandi culture: una che non ho mai definito moderata e che sostanzialmente decide di far capo al Ppe, accentuando il suo profilo liberaldemocratico. E l’altra che potrebbe nascere ma non è ancora nata dal Pd che deve sciogliere il nodo su quale rapporto vuole avere con l’Europa, con l’ecologismo europeo e le tentazioni laiciste della laicità francese.

Se si eviterà la crisi di governo nei prossimi giorni, come io spero,  e se nascerà un solo grande partito di ispirazione europea, una grande quantità di italiani che non si irrigidiscono in alcuna forma di socialismo potrebbe trovare rappresentanza qui. Un grande partito che concorre alla ulteriore definizione del Ppe, che si presenti al Ppe non da suddito ma, come avvenne al tempo di De Gasperi, da protagonista.

Occorre capire dunque quale sarà la nuova centralità italiana. Non un piccolo centro ma un nuovo partito formato da cattolici liberali che abbiano saputo fare i conti con la storia della Dc e da liberaldemocratici non di ispirazione cristiana. Mi auguro che questo sia possibile.



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