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Il Fatto di Travaglio distribuisce gocce di dalemismo distillato

Probabilmente si sentiva a suo agio e al sicuro, memore delle tante Feste dell’Unità che prima lo acclamavano, o forse non credeva che tra il pubblico si trovasse per caso una penna corrosiva come lo scrittore e giornalista Pino Corrias.

Ma dal piccolo raduno del Pd di Taizzano, frazione di Narni in provincia di Terni, le dichiarazioni potenzialmente esplosive di Massimo D’Alema sono rimbalzate proprio sulle pagine del giornale più “antidalemiano” che è possibile trovare in edicola, il Fatto Quotidiano.

La testata diretta da Antonio Padellaro – in quello che la portavoce di D’Alema, Daniela Reggiani, ha definito un “resoconto parziale, talora distorto e forzato” – non ha ovviamente tralasciato di riportare nulla delle chiacchiere in libertà dell’ex leader Ds, pillole di “dalemismo” che hanno spaziato dal governo Letta all’emergente Renzi, toccando Berlusconi e Grillo e ovviamente, da vanesio qual è, anche se stesso.

LA LIBERTÀ DI STAMPA NON ESISTE
Non si sarà accorto della presenza di Corrias, ma da politico navigato qual è, forse fiutando inconsciamente una trappola, D’Alema ha pensato fosse il caso di attaccare in anticipo la stampa; frasi che probabilmente ripeterebbe con ancora più convinzione dopo aver letto l’articolo del Fatto.
In Italia – è convinto l’ex presidente del Consiglio – la libertà di stampa non esiste. Tutti i giornali appartengono a gruppi del potere economico che li usano non per vendere, ma per attaccare o difendersi“. Un problema che per D’Alema non riguarda solo Berlusconi. “Pensate alla Fiat. Sta chiudendo tutte le sue fabbriche in Italia e nessuno lo scrive perché controllano La Stampa e il Corriere della Sera“.

L’ASSE CON RENZI
La festa di Taizzano è stata anche l’occasione per svelare tutto il suo risentimento verso il “traditore” Pierluigi Bersani, reo di non aver promosso le ragioni dalemiane nella formazione dell’esecutivo di larghe intese, ma soprattutto contro “l’ingrato” Enrico Letta, che non lo ha voluto nella sua squadra. Ecco dunque che per l’ex leader Ds il premier pisano è solo “un leader di transizione” e “non sarà utile” in seguito. Per il futuro spazio a “Gianni Cuperlo alla segreteria del partito e Matteo Renzi a Palazzo Chigi”.

IL CONGRESSO PD
Poi una nota di vanità in classico stile dalemiano e un duro attacco ai rottamatori impenitenti, dai quali Renzi, come noto, si è già sfilato. “Cuperlo – ha detto l’ex segretario democratico – è un leader politicamente e culturalmente valido. Esce dall’ultima grande scuola di politica in Europa, la mia, la Fondazione Italianieuropei che mi onoro di presiedere… È una fabbrica di persone di successo“. Il Pd? “Me ne sono andato dal partito. E se n’è andato anche Veltroni. Dicevano che con i nostri litigi rovinavamo il partito. Ora che ci siamo fatti da parte nel Pd continuano a litigare. Solo che a differenza di prima questi sono litigi da mezze calzette“.

LEADER PREGIUDICATI
Quindi tocca al leader del Pdl. Silvio “Berlusconi – ha detto D’Alema – dovrebbe dimettersi. E prima o poi lo farà. In effetti potrà continuare a fare politica anche al di fuori dal parlamento, come insegna Grillo. Grillo non è in Parlamento non perché non vuole ma perché non può. È un pregiudicato per un reato odioso, omicidio colposo. Quindi Berlusconi anche come pregiudicato arriva come secondo“.

LA FINE DEL CAVALIERE
Poi altre frasi al vetriolo, con le quali l’ex premier rivela le sue conclusioni sul futuro politico del “presidente del Milan“, come chiama il Cavaliere. “Berlusconi non ha altre vie d’uscita che quella di accettare la sentenza e quindi la condanna – ha proseguito D’Alema. “Andrà ai domiciliari e poi ai servizi sociali. Siamo alla resa dei conti, al redde rationem e non per un complotto planetario ma per i reati che ha commesso” ha concluso.

LE REAZIONI
Come prevedibile, le parole di D’Alema hanno già scatenato reazioni piccate. C’è chi come il coordinatore nazionale del Pdl Sandro Bondi sostiene che “in tanti anni non ho mai ascoltato da quest’uomo un solo pronostico azzeccato, ma soprattutto non ho mai ascoltato una sola parola di umana e politica comprensione delle ragioni degli altri, una sola parola di rispetto per gli avversari politici e di intelligenza vera della realtà politica del nostro Paese“.
Meno personale, ma altrettanto dura la replica della pidiellina Jole Santelli, secondo la quale le parole di D’Alema riporterebbero “indietro di 20 anni l’orologio della storia italiana” quando la sinistra avrebbe venduto l’anima (e la sovranità) alla magistratura.

Insomma, le parole dell’ex premier hanno seriamente rischiato di causare un incidente di governo. E si scopre che tra tanti errori che compagni di partito e avversari politici gli addebitano, su una cosa D’Alema sembra avere ragione: le “intercettazioni” – come ama ripetere dai tempi dello scandalo Unipol – possono essere un problema…



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