Nella stagione della crisi degli investimenti privati e della contrazione del credito per le aziende, Cassa depositi e prestiti può essere il fulcro di una nuova politica industriale. È la speranza, anzi la convinzione espressa dal capo del governo Enrico Letta nel corso della presentazione a Palazzo Chigi del Piano 2013-2015 di Cdp, l’istituto pubblico che gestisce i risparmi privati dei cittadini orientandoli verso settori produttivi e i cui azionisti sono il Tesoro per oltre il 70 per cento e le fondazioni bancarie per quasi il 30. Trasformarlo nel cervello di una rinnovata programmazione economica e nel motore virtuoso di una ripresa appena agli inizi è la scommessa dell’esecutivo.
Il ruolo di Cdp nel disegno del premier
È lontana l’epoca permeata dalla fiducia nelle capacità autonome del mercato di promuovere sviluppo, creare ricchezza, correggere le ingiustizie nella redistribuzione delle risorse. Nel nuovo clima che si respira in Europa, ha rimarcato il Presidente del Consiglio, grande attenzione è rivolta verso gli istituti finanziari con funzione pubblica, a partire dalla Banca europea per gli investimenti ricapitalizzata con 10 miliardi per decisione del Consiglio Europeo di fine giugno. “Un’affermazione del disegno italiano di bilanciare il ruolo della Bce per dar vita a un attacco a due punte imperniato sul binomio crescita-conti in ordine. Fattore irrinunciabile, poiché i tassi di interesse bassi sono requisiti preliminari per la ripresa”. È su tale presupposto che Cassa depositi e prestiti può incarnare “un approccio sviluppista fondamentale per agganciare una ripresa accompagnata all’aumento delle opportunità di lavoro”.
Le cifre del Piano industriale 2013-2015
A illustrare il Piano triennale di Cdp, che dovrà essere approvato nella riunione dell’11 settembre, sono stati il presidente Franco Bassanini e l’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini. La missione e le dimensioni dell’istituto pubblico, che gestisce 240 miliardi di risparmio privato di 24 milioni di italiani, impongono un’attenzione rigorosa alla redditività e alle regole di sostenibilità finanziaria dei suoi piani di investimento. L’ex ministro della pubblica amministrazione del governo Prodi ha spiegato come un organismo che trasforma in investimenti a lungo termine il denaro depositato dai cittadini in vista di un ritorno economico di breve periodo, e oggi rappresenta il più formidabile asset finanziario del nostro paese vista la difficoltà di erogare credito da parte delle banche, non possa elargire risorse a fondo perduto né gravare sullo stock del debito. La sua mission è stimolare la ripresa produttiva contro i rischi di recessione. E il suo respiro ambizioso spiega l’entità dei numeri del piano industriale, variabile tra gli 80 e i 95 miliardi di euro in base al margine di azione che governo e Parlamento vorranno attribuire a Cdp decidendo se mantenerla entro i limiti attuali o allargarne la sfera sul modello delle casse pubbliche esistenti in Germania e Francia. La novità del progetto, rimarca Gorno Tempini, è l’accorpamento in un’organizzazione omogenea di tutti i rami finanziari del gruppo Cdp, comprese Fintecna, Sace e Simest, acquisite nel 2012. L’obiettivo strategico è “promuovere l’interazione di capitale privato e pubblico nella creazione di infrastrutture ancora ai blocchi di partenza, il sostegno alle imprese per la loro internazionalizzazione e l’export, per l’accesso al credito e ai capitali di rischio, per la crescita dimensionale delle Pmi e la valorizzazione degli asset strategici pubblici, le agevolazioni dei mutui per l’acquisto della prima casa a favore delle fasce più deboli. Il tutto in un quadro di sinergie internazionali finalizzate a catalizzare gli investimenti stranieri in Italia”.
Nella versione più restrittiva, le risorse complessive ammonteranno a 80 miliardi di cui 6 di rischio, pari al 5 per cento del Prodotto interno lordo. Gli ulteriori 15 miliardi che potrebbero essere stanziati nei prossimi mesi porterebbero il contributo di Cdp al 6 per cento del Pil nel prossimo triennio. Beneficiari delle risorse messe in campo dall’istituto pubblico saranno i comparti individuati come “motori sani” dello sviluppo. Agli investimenti delle pubbliche amministrazioni, che includono i programmi di edilizia popolare e scolastica, verranno destinati 23 miliardi di euro oltre a 4 miliardi per la restituzione dei debiti alle aziende fornitrici. Per le infrastrutture “intelligenti e eco-compatibili, grandi e piccole,” saranno messi in campo tra 7 e 9 miliardi. Come azionista di riferimento delle principali reti energetiche del paese – Snam e Terna oltre al gasdotto Tag – Cdp vuole incoraggiare la parità di accesso degli operatori del settore e l’implementazione della Strategia energetica nazionale. Per il sostegno alle imprese le risorse previste ammontano a 48 miliardi, comprendenti gli strumenti del credito agevolato garantiti dallo Stato come i mini-bond a vantaggio delle Pmi. Allo scopo di facilitare gli investimenti stranieri in Italia, Cdp punta sulla joint venture tra il Fondo strategico italiano che fa parte della sua galassia e il fondo sovrano del Qatar oltre a un’intensa collaborazione con la Bei. Per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, a favore del quale nel triennio scorso sono stati stanziati 20 miliardi, il Piano prevede il consolidamento delle public utilities partecipate dalle amministrazioni locali, il potenziamento del social housing anche tramite l’utilizzo dei fondi strutturali Ue, il finanziamento diretto di infrastrutture portuali, viarie, ferroviarie e turistiche.
Nessun ostacolo al programma di privatizzazioni
La ripresa in grande stile di una politica industriale imperniata sulla centralità della programmazione e delle istituzioni pubbliche non costituisce un freno al progetto di privatizzazioni preannunciato dallo stesso premier e dal responsabile dell’economia Fabrizio Saccomanni. Un’iniziativa destinata a proseguire nonostante le critiche rivolte da chi teme lo scenario di un’Italia che si ritrae dai comparti strategici in cui i nostri “campioni nazionali” primeggiano a livello internazionale. Forse per respingere le obiezioni di coloro che vedono nel ruolo di Cassa depositi e prestiti la riproposizione in forme rinnovate dell’IRI, Enrico Letta non trova contraddizioni tra il Piano di Cdp e “il programma di valorizzazione e messa sul mercato di partecipazioni statali su cui stiamo riflettendo e che vogliamo presentare nell’autunno”.