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L’occupazione 2.0? Riparte da ago, filo e terra

La crisi occupazionale europea vista con le lenti di una possibile riconversione italica. Quali sono i mestieri che non soffrono la crisi? Esiste una fetta di lavoro in controtendenza, come le aziende agricole, la sartoria, le cosiddette arti di un tempo che fanno parte del bagaglio del patrimonio artigianale italico? Punto di partenza i dati Istat di giugno sull’occupazione, che fotografano ulteriormente una situazione emergenziale. A giugno aumentano del 14,7% le domande per disoccupazione e mobilità. Nello specifico sono state presentate 96.814 domande di ASpI e 23.857 domande di mini ASpI. Ma c’è un settore che, pur con le mille difficoltà che la contingenza comporta, è in “attivo”. 

Ritorno alla terra
Dalla Toscana giungono dati incoraggianti: lì l’agricoltura torna a essere un’interessante prospettiva con un’impennata di aziende agricole gestite da under 40. Può la riscoperta della tradizione fare da traino ad un momento drammatico? In questo la Coldiretti mostra i muscoli, con l’innovazione e un management giovane a fare da trampolino per una filiera che in Italia può contare su una base solida, rappresentata dalle peculiarità dei territori. Le singole regioni d’Italia hanno tutte una qualche eccellenza legata a prodotti già marchiati Dop o Doc, come una predisposizione naturale per produzioni di qualità. Ma accanto al “dono” della terra ecco l’esigenza di politiche mirate alla salvaguardi di questa importante voce del pil biancorossoeverde, come la vendita diretta, potenziale chiave per il successo o i prodotti a chilometri zero al fine di valorizzare le produzioni locali.

Pollice in su
Altro trend positivo in Emilia-Romagna con un numero considerevole di giovani agricoltori che hanno chiesto di accedere ai finanziamenti regionali del programma di sviluppo rurale. Con indici che offrono un panorama nuovo. Nella sola regione emiliana le aziende agricole che hanno ottenuto finanziamenti sono cresciute del 28%, con un picco del 76% in montagna. Ovvero proprio in quei territori dove l’agricoltura da sempre è il vettore naturale per fare pil e produrre qualità. Se fino a vent’anni fa lo spopolamento di quei suddetti borghi era ormai un trend incontrovertibile, oggi le cose stanno cambiando, al pari della percezione delle prospettive future che i nuovi lavoratori hanno maturato dopo il proprio percorso formativo. E che dimostra come di fronte alla crisi economica esistono vie di uscita legate ad una nuova visione delle potenzialità del paese che vanno coniugate con lo sviluppo tecnologico e con le logiche di mercato. Il riferimento è anche al sostegno alle produzioni biologiche, ai riconoscimenti Igp. Ma un fattore di incidenza assoluto è anche da ritrovare nella gestione da parte delle singole regioni di questo vero e proprio tesoretto. L‘Emilia Romagna, ad esempio, ha pensato di dedicare un apposito programma per 208 mila ettari, caratterizzati da una serie di interventi di natura ambientale che hanno permesso di ridurre del 42% le concimazioni azotate, del 51% l’uso di fitofarmaci, di 200 mila tonnellate all’anno le emissioni di Co2.

Manifatturiero
Altro esempio di ritorno al passato è rappresentato dai cosiddetti vecchi mestieri, legati all’artigianato, alla sartoria che negli anni del dopoguerra hanno segnato la rinascita italiana proprio grazie al manifatturiero, anticamera di quello che fu il boom economico. Montecreto, uno dei più piccoli comuni della provincia di Modena, dal 1949 al 1967, fu un significativo protagonista di questa voglia di riscatto, con la presenza del Centro di Addestramento Professionale “Leonardo Da Vinci”, realizzato dall’allora parroco don Antonino Cenacchi. Un luogo di aggregazione socio-professionale, dove l’intero circondario aveva l’opportunità di apprendere mestieri come il falegname, il muratore qualificato, o l’elettricista.

Numeri
Il trend è dimostrato dal ritorno progressivo sulla cresta dell’onda dell’attività sartoriale (meglio se gestita da giovani), come dimostrano i dati forniti dalla Camera di commercio di Milano su dati del Registro imprese. Nel capoluogo lombardo un’azienda su dodici ha un proprietario con meno di trent’anni: il 7,2%, una media più alta di quella italiana (5,1%). Le sartorie artigiane sono 544, e la maggioranza (60,7%) ha un titolare donna. E gli stranieri hanno fiutato già l’affare con il peso degli extracomunitari più che doppio rispetto alla media nazionale: 54% contro il 19,3%. E lo dimostra la vincitrice del premio «Ago d’oro», assegnato da Camera di commercio, Unione artigiani e Fondazione Lanfredini al Gran defilé della sartoria (lo scorso 4 giugno al Museo della scienza e della tecnologia): si tratta dell’italobrasiliana Daniela Colzani, solo da un anno in pianta stabile a Milano.

twitter@FDepalo



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