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Perchè va ripristinata l’immunità parlamentare

La condanna di Berlusconi e lo scivolone preso con l’intervista a Il Mattino dal presidente Esposito della sezione di Cassazione, che ha emesso il verdetto di colpevolezza spiegano, per l’ennesima volta, che il Paese o ritrova la via del corretto rapporto tra i poteri dello Stato o gli spazi di libertà si vanno restringendo sempre di più, mettendo in serio pericolo le conquiste democratiche.
Bisogna chiarire a chi immaginandosi Tomas de Torquemada che non è dovere della magistratura ripristinare l’ordine morale del mondo (?) ma solo amministrare l’ordinaria giustizia. Una visione, se realizzata, molto pericolosa per tenere in vita lo stato di diritto. Tutto iniziò con le vicende giudiziarie degli anni 1992-1994, quando la corrente di Magistratura Democratica, affiancandosi ai movimenti di piazza di scaturigine comunista e a quelli dei referendari di Mario Segni, si incaricò di applicare forme di giustizia sostanziale per annientare l’intera classe politica di governo che aveva retto le sorti dello Stato dal 1948 al 1992.

Con azioni sincroniche l’arcipelago ex comunista avviò in uno con i gruppi parlamentari del partito iniziative, tra cui l’abolizione dell’immunità parlamentare, per rendere possibile la distruzione della DC e del PSI soprattutto, e degli altri partiti minori, che avevano partecipato con i due al governo del Paese. Si partì dall’abrogazione dell’immunità parlamentare, per annientare, utilizzando studiati artifizi, una intera classe dirigente e gli storici partiti che, senza tema di smentita, sono stati i costruttori della storia democratica e repubblicana dell’Italia. Mai vicenda più ignobile di questa esperienza si ritrova nella storia dei popoli. I negativi effetti delle scelte scellerate negli anni 1992-1994 avrebbero dovuto consigliare le forze politiche, subentrate alle precedenti, di ripristinare con immediatezza forme di guarentigie parlamentari, proprio per evitare che la politica venisse ancora condizionata, asservita, vilipesa, sbeffeggiata dai troppi “errori giudiziari”.

L’immunità parlamentare fu inserita in Costituzione per evitare eventuali ritorsioni contro i parlamentari dei partiti antifascisti da parte della magistratura figlia del precedente regime delle camicie nere. Nel 1992 si disse che non era più il caso di mantenere l’art. 68 della Costituzione perché i pericoli del postfascismo non c’erano più, e la Dc acconsentì a tali richieste, soprattutto dei parlamentari comunisti, ma avrebbe fatto bene a pronunciarsi contro. Infatti, lo Scudocrociato mai avrebbe dovuto piegarsi ai ricattatori inviti della sinistra, ma fu costretta a cedere. L’immunità scomparve e fu semplice, avendo individuato il grimaldello giusto, annientare DC, PSI, PSDI, PRI, PLI.

Oggi ci si rende conto di quante e quali deviazioni è stata capace certa magistratura in accordo con talune forze politiche, come è pur vero che troppe volte si è gridato goffamente allo scandalo per sacrosanti giudizi di colpevolezza emessi dai tribunali italiani contro esponenti politici, imputati di vari reati. L’immunità parlamentare non è un privilegio, secondo la visione etica e politica dei padri costituenti, ma forma di garanzia e di tutela del Parlamento, pertanto, anche se rivisitata, va reintrodotta nel nostro ordinamento, affinché vi sia equilibrio e uguale rispetto tra i poteri dello Stato.



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