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Scelta civica e la fase 2. No a un partito dei cattolici. Parla Lanzillotta

Dove va Scelta civica, quali le mosse successive alla “stabilizzazione elettorale”, come interpretare il ruolo di Mario Monti e con quali paletti. Le strategie del partito nato attorno alla figura dell’ex premier analizzate dall’ex ministro e vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta che, in una conversazione con Formiche.net certifica: “Non è attuale e strategica una direttrice di partito di matrice cattolica. Le scelte elettorali non si fanno più sull’identità religiosa, quanto sui contenuti delle proposte politiche; per questo un partito dei “cattolici”, come dimostra la storia recente dal Ppi all’Udc, non ha respiro strategico”.

Alcuni commentatori, come il direttore di Formiche, invocano una Forza Italia Futura, altri chiedono a Mario Monti dignità e chiarezza: quale il futuro di Scelta Civica? 
Intanto credo dovremmo percorrere la strada che abbiamo indicato: trasformare quello che era un cartello elettorale di soggetti civici in qualcosa di diverso. Ovvero un soggetto politico con una piattaforma valoriale e culturale che coniughi, l’idea di una moderna economia sociale di mercato, con i valori della solidarietà. E non in una visione liberista, ma all’interno di un mercato fortemente regolato in uno Stato che garantisce le pari opportunità secondo i principi di uguaglianza della nostra Costituzione.

Quali le priorità?
L’obiettivo è costruire un soggetto fortemente europeista, per rendere l’Italia un Paese capace di competere, valorizzando le sue peculiarità: un soggetto politico che, grazie al suo progetto modernizzatore, rappresenti un baricentro intorno a cui coagulare l’elettorato che vuole il cambiamento. La priorità al momento è che le varie componenti culturali che hanno concorso a formare il cartello originario trovino la sintesi per definire la propria identità, al netto di chi probabilmente non vorrà convergere su questo obiettivo, per ciò che vorrà essere e non per ciò che i vari fondatori erano o tutt’ora sono.

Fatto quel rodaggio, come intensificare la proposta civica?
Sarà importante vivere in maniera aperta quel processo di ristrutturazione del sistema politico italiano, che è totalmente in evoluzione. Al momento abbiamo un Pd con un’identità quanto mai incerta, lo stesso Renzi, che è stato portatore di una visione innovativa, oggi è in una dinamica interna al Pd per cui sembra essersi appiattito sulla parte più conservatrice del suo partito. E si trova ad essere sostenuto più dalla sinistra che non dall’area liberal, legate alla piattaforma che dette vita al Pd. Dall’altra parte il centrodestra è ancora tutto avvolto nella vicenda Berlusconi. Per cui credo che, proprio in questo frangente caratterizzato dallo smontaggio e dal rimontaggio dei contenitori politici, occorra un soggetto che lavori al consolidamento.

Con quale approdo?
Non è identificabile in modo schematico, ma dovrà essere aperto a quelle forze che risulteranno le più vicine ad un progetto di europeizzazione e di innovazione socio-economica.

Come rispondere a chi accusa Sc di portare avanti la (non certamente nuova) “politica dei due forni”?
Monti ha fatto una scelta, peraltro molto generosa, di trasformare la sua agenda per il Paese in una piattaforma per un progetto politico di ampio respiro. A questo sta lavorando, a condizione che chi ha partecipato a tale impresa, concorra all’obiettivo finale e non ritardi la creazione di un soggetto unitario con logiche di interdizione o alimentando conflitti tra gruppi di potere. Se ciò dovesse verificarsi, è chiaro che Monti non sarebbe disponibile.

Quali i “paletti” montiani?
Ha confermato la propria disponibilità solo in caso vi fosse l’impegno a rilanciare il progetto a cui ho fatto cenno.

Come pesare le polemiche interne a Sc che lei ha definito “crisi di crescenza”?
I tormenti che ci sono stati nelle scorse settimane fanno riferimento proprio a questo: nessuna delle componenti culturali deve pensare di poter prevalere soffocando gli altri, perché snaturerebbe il progetto originario. Non credo sia attuale e strategica una direttrice di partito cattolico. D’altronde l’Udc, che si è caratterizzata come tale, non è mai riuscita anche nei migliori momenti a superare un livello significativo di voti, proprio perché il Paese non si divide più su questo. Le scelte non si fanno più sull’identità religiosa, quanto sui contenuti delle proposte politiche. Esiste un elettorato mobile che si mostra sensibile alle soluzioni che gli si propongono, sulla base di valori politici, sociali e ideali.

Si separano definitivamente, quindi, le strade con l’Udc?
Anche il rapporto con Pierferdinando Casini, tutt’ora complesso, dipenderà dalla possibilità di costruire una cultura che sia di sintesi e non identitaria e dalla sua disponibilità a partecipare a tale processo. Peraltro questa è un storia che si ripete, in quanto ho vissuto vicende analoghe quando militavo nella Margherita, dove la componente dei Popolari ha commesso il medesimo errore pregiudicando un progetto politico che invece era fortemente innovativo, capace di catalizzare un buon consenso elettorale. Naturalmente occorrerà una capacità di elaborazione politico-programmatica e una leadership che ha in Mario Monti un importante punto di riferimento culturale.

Se le sorti del governo Letta dovessero precipitare, quale sarebbe il candidato premier di Sc?
Non farei una questione legata al candidato premier, preferirei partire dalle cose da fare. Al momento ci sembra molto arduo pensare a una maggioranza parlamentare con i Cinque stelle, in quanto sul piano contenutistico è francamente difficile individuare con loro un punto di sintesi. Dopo il governo Letta non vedo soluzioni alternative, una crisi porterebbe molto probabilmente ad elezioni.

Un’opzione da evitare a tutti i costi?
In un momento in cui è visibile una piccola luce in fondo al tunnel della recessione, le urne getterebbero il Paese in mesi di stallo e di scontro, con il rischio di farci sfuggire dalle mani la ripresa economica: sarebbe il peggio che si potrebbe augurare all’Italia. Non a caso gli italiani propendono perché il governo vada avanti, in quanto hanno bisogno di soluzioni che non potrebbero certo arrivare da altre elezioni per giunta con l’attuale legge elettorale. Ma da un Parlamento attivo, che proceda sulle riforme istituzionali (compresa quella elettorale) e su quelle economico-sociali.

twitter@FDepalo



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