Le vicende giudiziarie di Berlusconi se da un lato preannunciano l’imminente deflagrazione del Pdl e del suo capo, dall’altro dimostrano come in questi ultimi vent’anni si è dovuto assistere allo stravolgimento delle norme democratiche, scritte nella nostra Costituzione, costringendo il Paese ad un’agonia prolungata che ha portato alla crisi attuale. A rompere gli argini costituzionali fu la commissione Antimafia condotta dal comunista Violante negli anni 1992-1994, che forzando il dettato della Carta, si impose come “pubblica accusa” nei confronti di pentiti di mafia e di esponenti di primo piano della Democrazia Cristiana, facendo apparire quasi organici i due aspetti: criminale e politico. Sovrapposizione e intersecazione tra potere legislativo e ordine giudiziario rappresentarono il vero vulnus delle regole dello Stato di diritto, che nessuno ebbe allora il coraggio e la forza di denunciare e censurare, né il potere politico né l’ordine giudiziario, né il sistema dell’informazione. E si è continuato anche dopo modificando, rivedendo, correggendo la Costituzione in modo grossolano, parziale, poco coerente, fino a procurare pericolose confusioni. Conflitti e contenziosi tra il livello centrale e quelli regionali e locali sono tuttora all’ordine del giorno. Per non dire proprio delle norme sulla giustizia. Correndo dietro a “parole magiche” come bipolarismo, alternanza, federalismo, devolution mai definite con chiarezza e precisione, per timore di farle perdere la loro magia, si pensava di rinnovare la struttura istituzionale dello Stato, dimostrando così che la seconda repubblica viaggiava speditamente sul treno della modernità, campa cavallo….! Ed invece, non è stato fatto altro che accrescere il caos. Il dissennato attacco portato all’organizzazione dello Stato è stato possibile grazie all’ampio consenso ricevuto da parte di forze politiche di maggioranza e di opposizione. Non c’è stato il necessario rigore morale, culturale, politico per poter neutralizzare iniziative improvvide, che solo oggi ci si accorge quanto esiziali fossero per la democrazia italiana e quanto disordine istituzionale hanno comportato. Una congiura interna e internazionale di poteri finanziari ed economici, con l’ausilio di una parte della magistratura italiana, ha favorito la distruzione degli storici partiti, agevolando caos politico e istituzionale, al punto che non si riesce più a capire sul nuovo palcoscenico, nato col maggioritario voluto da Segni & c., “chi fa” la destra, “chi fa” la sinistra. E uso volutamente questa espressione, senza dire del centro che si è autoescluso per conclamato masochismo o autolesionismo. In questo quadro le opacità esistenti nel PD e nella sinistra di scaturigine comunista(PCI) dominano: parlano tante lingue alla stregua di una “babele”, sono incapaci di una chiara posizione sull’atteggiamento da tenere sul caso Berlusconi e sulle varie questioni di politica economica, fiscale, sociale. Le ambiguità regnano. Emblematico è il contrasto di tesi sulla linea da seguire nei confronti del Cav., nelle ultime ore appena attenuato, tra Violante e settori del PD. L’ex deputato comunista, che contribuì con decisione a mettere in ginocchio gli storici partiti di governo, all’epoca della presidenza della Commissione Antimafia, esercitò un ruolo di dominus, che andava ben oltre le prerogative del ruolo ricoperto. Pretendeva di scrivere la storia d’Italia con gli avvisi di garanzia inviati dalle procure di Palermo e Milano a esponenti democristiani. Il circuito organizzato tra Antimafia, Procure e compagni come Veltroni, allora direttore de l’Unità e interprete “ortodosso” dell’aspetto divulgativo di ciò che sfornavano Procure e Antimafia, rese servigi enormi agli ex-PCI. Non è il caso di chiarire visto che sono vicende molto note figlie di un tempo recente. Oggi Violante, comunista di ieri, che in modo interessato benediceva lo “strapotere” dei pubblici ministeri, si mostra garantista sulla vicenda Berlusconi, al punto da creare con le sue dichiarazioni contrasti, fratture e divaricazioni tra i compagni del PD. Il dna comunista non è morto! Non è chiara però, tra amnistie e amnesie, la strategia di Violante che il saggio Cossiga conosceva bene, di certo più di noi. Il vecchio vizio comunista della doppia morale forse continua a vivere. Sarebbe ora che la residuale oligarchia di scaturigine comunista, vero e nefasto equivoco di questi venti anni, venisse oscurata definitivamente, proprio come fece Violante nel 1992-94, quando con cinismo e false accuse tentò goffamente di intentare un processo contro la Democrazia Cristiana, partito che più degli altri si assunse l’onere di governo dell’Italia, sin dal varo della Costituzione del 1948. In questi giorni Matteo Renzi ha dichiarato che nel “PD detta la linea chi perde”, ovvero il vecchio politburo di staliniana memoria, aggiungo. Non condivido la politica del sindaco di Firenze, ma concordo pienamente con le sue dichiarazioni.
Berlusconi, Violante e la doppia morale comunista
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