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Caro Papa Francesco, la guerra giusta è il rimedio politico al tuo disegno di pace

Tutto il mondo è da giorni con il fiato sospeso per la gravissima crisi internazionale che sta vivendo la Siria. La strage del 21 agosto, che ha portato al massacro di migliaia di civili da parte del regime di Assad, ha ormai evidenziato la sostanziale violazione di diritti umani perpetrata massicciamente in tutto il Paese. I lavori del G20, in corso in Russia sotto la presidenza Putin, di fatto avranno al centro la modalità più opportuna, cioè meno dannosa, di gestire un quadro internazionale che non promette realisticamente nulla di buono.

I Governi sono schierati a favore o contro l’intervento armato, seguendo una logica riconducibile ai rispettivi interessi economici e strategici. Come si sa gli Stati Uniti sono favorevoli a un intervento armato che porti rapidamente a una brusca conclusione della guerra civile. Mentre la Russia si è espressa in modo fermamente contrario all’opzione militare. L’Europa, da par suo, ha tenuto una posizione dissimile a seconda dei Paesi e generalmente defilata. E l’Italia, in particolare, ha preferito una linea prudentissima, facendo dipendere il proprio contributo attivo solo da un’improbabile risoluzione unanime dell’ONU.

Insomma, non è pensabile che arrivino grandi cambiamenti tattici, sebbene la posizione della Siria si sia aggravata nelle ultime ore di ieri. La commissione Esteri statunitense ha dato il via libera con un voto bipartisan a un blitz breve e risolutivo. Ciò significa che l’iniziativa armata avverrà presto e con un forte appoggio politico.
Per contro, un sicuro deterrente alla guerra è venuto in queste ultime settimane dalla Santa Sede. Non soltanto il Papa ha raccomandato a più riprese l’importanza di favorire la via pacifica dei negoziati, ma, in una lettera inviata a Putin, ha esortato i capi di Governo presenti a San Pietroburgo a non restare inerti e ad attivare ogni possibile opzione diplomatica che scongiuri l’uso delle armi.
La posizione del Vaticano è sottile, precisa e saggia. Il Santo Padre si è pronunciato, infatti, in modo intelligente e costruttivo non solo indicendo una giornata di digiuno per la pace, ma facendosi carico anche delle ragioni che comunque spingono a reagire duramente alle stragi di Stato inflitte dal regime di Damasco.

Un dato è essenziale per capire la situazione, e riguarda proprio gli Stati Uniti. E’ chiaro che, ormai nel pieno del suo secondo mandato, gli americani sentono il peso del lungo disimpegno di Obama dalla politica estera, il quale mostra ormai tutti i suoi limiti. In effetti, sia nella vicenda dell’Egitto e sia nella gestione degli equilibri del Medioriente, per non parlare dell’Iran, la carenza di una presenza decisiva di Washington nel mondo ha generato instabilità. In questo senso va interpretato il ragionamento di Obama sulla “linea rossa” invalicabile, costituita appunto dall’uso delle armi chimiche sui civili. Se fosse tollerato uno scempio del genere, si dovrebbe dichiarare fallito un insieme di diritti umani fondamentali che definisce l’essenza stessa della democrazia. Senza un intervento pericoloso ma indispensabile oggi, il rischio è che domani non sarà più possibile sostenere e difendere la libertà da nessuna parte, neanche a casa nostra.

Da questo punto di vista, non c’è alcuna differenza di valori tra le motivazioni di guerra degli Stati Uniti e i valori di pace difesi da Papa Francesco. In tal senso, è ovvio e giusto che la Chiesa si schieri a favore della politica contro la violenza e offra al mondo una voce di speranza e di conciliazione. Il suo non è, infatti, un vuoto e astratto pacifismo, ma il contributo permanente alla costruzione di una civiltà umana universale, indipendente e superiore da una pura e semplice logica di parte che il Cristianesimo e gli ideali spirituali della Chiesa devono offrire al mondo.
E’ altrettanto vero, però, che Obama governa una nazione al vertice dei Paesi liberi e democratici, la quale non può stare a guardare un despota che annienta il proprio popolo utilizzando armi bandite dalla civiltà e dal diritto.
In definitiva i punti di vista, le responsabilità e i doveri nei due casi sono molto diversi, anche se i principi sono gli stessi. E talvolta, purtroppo, il ricorso alla guerra giusta è l’unico rimedio politico per attuare un disegno di pace come quello che Francesco promuove e insegna a livello religioso.



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