Qualcuno li ha definiti, con toni amarcord, “cattivi maestri”. Ma il fenomeno No Tav sembra molto differente dalle proteste degli anni ’70, quando da una parte c’erano le frange oltranziste e gli intellettuali e dall’altro le istituzioni.
Oggi quel muro sottile che divideva lo Stato dai facinorosi pare definitivamente caduto e anche tra nomi di spicco della politica c’è chi tende a minimizzare o nel migliore dei casi non condannare le violenze in Val Susa.
I NOMI DEI NO TAV
A disegnare la “mappa” dei No Tav nelle istituzioni è Repubblica, che identifica a sinistra i nomi del leader di Sinistra ecologia e libertà Nichi Vendola (a destra nella foto) e dei democratici Michele Emiliano (a sinistra nella foto), sindaco di Bari, e Laura Puppato, senatrice.
Le divisioni maggiori sembrano esistere proprio nel Pd, dove qualche settimana fa la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Pietro Grasso, aveva acceso gli animi lasciando intendere che forse sarebbe stato necessario un maggiore coinvolgimento dei territori interessati, prima di iniziare a costruire l’opera. Frasi duramente criticate in primis tra gli stessi democratici, non solo perché al loro interno e in quello del mondo del centrosinistra c’è chi ritiene Tav un’opera strategica e crede di aver ascoltato eccome i cittadini (Piero Fassino, Antonio Saitta e Sergio Chiamparino, ma anche la Cgil, il Cna e le Coop rosse); ma soprattutto perché le parole dell’ex Procuratore nazionale antimafia parevano trovare una giustificazione alle violenze sui cantieri.
Al loro fianco una folta schiera di soggetti provenienti dal mondo dei centri sociali e dell’ambientalismo. La Tav è riuscita persino a dividere la Cgil, con la Fiom del segretario Maurizio Landini – forse anche per motivi di visibilità, sostengono alcuni osservatori politici – che si oppone all’opera infrastrutturale, diversamente da quanto fa la “casa madre” diretta da Susanna Camusso.
A politici, sindacati e movimenti di sommano diversi intellettuali come il filosofo Gianni Vattimo, il giurista Ugo Mattei ed Erri De Luca.
L’ARSENALE SEQUESTRATO
Proprio lo scrittore e poeta napoletano si è reso protagonista nei giorni scorsi di un’accesa polemica con Giancarlo Caselli, Procuratore Capo di Torino, che aveva lanciato l’allarme: “È grave la sottovalutazione di politici e intellettuali su quel che accade in val di Susa. Un silenzio che arriva a rasentare la connivenza“. Le parole di Caselli seguirono l’incendio di un’azienda che lavora alla Tav e il rinvenimento di un vasto arsenale in mano a due giovani vicini agli ambienti antagonisti, che trasportavano 5 molotov, una trentina di chiodi a 4 punte, 5 fionde, 4 cesoie, maschere antigas, pneumatici e tubi di plastica.
LA POLEMICA CON CASELLI
Ieri, sull’Huffington Post – scrive Repubblica – la replica dell’intellettuale, molto seguito negli ambienti della sinistra radicale.
Lo scrittore, senza mezzi termini, ha dichiarato che “la Tav va sabotata“, perché non è frutto di “una decisione politica ma delle banche e di coloro che devono lucrare a danno della vita e della salute di un’intera valle“.
Pertanto, secondo De Luca – già responsabile del servizio d’ordine di Lotta Continua – “i sabotaggi sono necessari per far comprendere che la Tav è un’opera nociva e inutile“. Quanto al materiale sequestrato, l’intellettuale ha minimizzato: “Pericoloso materiale da ferramenta. Le cesoie servono a tagliare le reti. Caselli esagera“.
NoTav, Caselli: “Troppa indulgenza sulla violenza da parte di certa politica e stampa” (fonte video: Il Fatto Quotidiano)