Fiat-sindacati, accordo su Mirafiori, investimenti per i Suv della Maserati: una vittoria per tutti, secondo Michele Magno, già dirigente sindacale e politico di spicco nella Cgil e nel Pci, ora editorialista e saggista. Magno invita i sindacati a tralasciare le posizioni della tradizione e a sposare una legge sulla rappresentanza sindacale così come la Costituzione prescrive all’articolo 39.
Un accordo credibile quello annunciato da Sergio Marchionne su Mirafiori?
Lo è. Naturalmente rientra nella strategia dichiarata da Fiat Italia, ovvero costruire un polo automobilistico, che in questo caso trova una sua articolazione. Per cui l’investimento annunciato si farà.
Una vittoria per chi?
In primis per la Fiat stessa e poi per Marchionne, il quale ribadisce comunque la sua volontà: non abbandonare in quattro e quattr’otto l’Italia. Anche se secondo me è fortemente tentato di farlo. Ma per intuibili ragioni di ordine sociale, politico e strategico, prima di decidere ci penserà almeno mille volte. Non a caso ha accompagnato questa scelta con un ammonimento forte rivolto a governo e sindacati. A questo punto si rende necessaria una legge sulla rappresentanza, per cui il suo ragionamento è questo: “Accetto di rispettare la sentenza della Corte Costituzionale, la Fiom elegga i propri delegati che rientrino nelle nostre fabbriche. Però sia chiaro che non possiamo continuare a vivere in questa confusione, occorre quella legge”. Così da rendere esigibili, con assoluta certezza, i contratti.
Svanite d’un tratto le frizioni con i sindacati?
Al di là delle controversie di ordine giuridico, mi sembra che su questo punto si manifesterà un contenzioso con i sindacati i quali, comprese Cisl e Uil, scioccamente non vogliono una legge che regoli la rappresentanza. La reputo anche una sollecitazione al governo, affinché agisca e non offra alibi allo stesso Marchionne, per o non rispettare gli investimenti annunciati; o addirittura, in un giorno non lontanissimo, abbandonare l’Italia.
Marchionne chiede di fatto una legge per la rappresentanza sindacale, ma non era una richiesta della Cgil?
Ci troviamo infatti di fronte a un paradosso sindacale, che però rispecchia antiche tradizioni culturali delle diverse confederazioni. La Cisl è stata sempre e storicamente restìa a un intervento legislativo che regolasse i rapporti, sia nella rappresentanza sia nella democrazia, all’interno della fabbrica.
E la Cgil?
È stata meno ostile a un intervento di simile tipologia, ovviamente credo che, in modo particolare la Cisl debba fare una serie riflessione e gettare il cuore oltre l’ostacolo, superando la sua tradizionale cultura. E rendersi conto che occorre una legge sulla rappresentanza che recepisca i contenuti fondamentali, le regole di convivenza già concordate nella bozza di intesa confederale. Credo sia la strada di maggiore buon senso e più agevole da imboccare, per ripristinar la certezza del diritto nelle aziende.
Dove sbagliano i sindacati?
Credo che le resistenze della Cisl, e in parte anche della Uil, a una legge sulla rappresentanza sindacale, siano ingiustificate. Da una posizione di forza queste confederazioni rischiano di trovarsi in una di debolezza nel momento in cui è proprio la Fiom paradossalmente ad essere oggi l’interlocutore che, più di altri, chiede una legge.
Non mancano posizioni tecniche contrarie alla legge…
Ci sono dei giuslavoristi che si sono espressi su posizioni contrarie, è vero, ma lascerei cadere. Penso invece, come si diceva un tempo, ad una legge leggera e di sostegno che recepisca l’accordo interconfederale. Non vedo francamente quale ostacolo ci possa essere. In fondo si tratta di dare piena attuazione all’articolo 39 della Costituzione. Se la nostra è la Carta più bella del mondo, così come da più parti si dice, allora che la si osservi e non la si difenda a spizzichi e bocconi. Mi sembra che dopo 65 anni sia giunto il momento, per come è maturata la crisi delle relazioni industriali italiane, di applicare quel dettato costituzionale.
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