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South Stream, il gas russo non scalda più la politica italiana

Oggi a raffreddare l’aria di Milano non è stata la classica perturbazione proveniente dall’Artico, ma i rapporti, non certo distesi, tra il Cremlino e Bruxelles.

La ragione è in South Stream, un progetto sviluppato congiuntamente da Eni e Gazprom, volto alla costruzione di un nuovo gasdotto che connetterà direttamente Russia ed Unione Europea, eliminando ogni Paese extra-comunitario dal transito.

Per promuovere l’infrastruttura, il governo di Mosca ha calendarizzato e intrapreso da tempo una serie di incontri pubblici. La tappa italiana, annunciata con largo anticipo ad agosto, si è tenuta stamane nel capoluogo meneghino, dove era in programma una serie di convegni che si sono poi svolti a ranghi ridotti.

Assente uno dei moderatori, Paolo Romani, ex ministro allo Sviluppo Economico; non pervenuto Gianni Pittella, vice presidente del Parlamento europeo, presente solo con un videomessaggio; bloccato da impegni Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

L’atmosfera è di forte imbarazzo.

Sarà la crisi della politica, saranno le tensioni che scuotono il governo, sarà che nessuno vuole esporsi in modo troppo sfacciato in un progetto che non piace a Washington, ma a Milano è parso evidente che ormai anche Palazzo Chigi privilegi il gasdotto Tap.

E soprattutto, sottolineano alcuni maliziosi osservatori, è stata la prova provata che il potere berlusconiano, un tempo in completa sintonia con i desiderata moscoviti del compagno Putin, sia oggi un po’ ammaccato.

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