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Il Comune di Bologna vuole abolire “padre” e “madre”

All’Università il professore di diritto costituzionale comparato spiegava così la centralità del Parlamento nel sistema istituzionale del Regno Unito:  alla Camera dei Comuni tutto è permesso tranne che trasformare l’uomo in donna e viceversa.

L’Amministrazione comunale di Bologna, invece, intende raccogliere la sfida e si lancia nell’avventura di abolire due parole – padre e madre – che esistono in tutte le lingue da quando gli esseri umani, sono usciti dalle caverne ed hanno cominciato a comunicare tra di loro. A noi non piace sparare sulla Croce Rossa, dal momento che anche in casa Pd si sono accorti della topica che li copriva di ridicolo. Si profila già una mediazione che includerà, a fianco del padre e della madre, anche la più compassata definizione di genitori per differenti modelli familiari.

Siamo quindi disposti a riconoscere che inserire, su di un modulo per l’iscrizione al nido, l’espressioni “genitore richiedente” e “altro genitore” sia forse più ragionevole che usare – visto che la c.d. patria potestà è condivisa – la terminologia tradizionale di “padre” e  di  “madre”. Non sono, a nostro avviso,  due parole tracciate su di un modulo ad offendere  non già la morale, ma l’intelligenza e il buon gusto. Non sopportiamo che si voglia attribuire a tale scelta, magari giustificata sul piano burocratico, un significato politico, come se un gioco di parole fosse di per sé in grado di portare avanti una battaglia per i diritti. Come se chiamare “padre” o “papà” o “babbo” oppure “madre” o “mamma” i genitori biologici di un figlio o di una figlia, suonasse ad offesa delle coppie che, insieme, padre e madre non potranno mai esserlo – neppure se lo volesse il Parlamento di Sua Maestà britannica – perché è la natura a precluderlo.

Non apprezziamo, inoltre, la  voglia di “nuovismo” a tutti i costi, per cui è sufficiente che in qualche parte del mondo si racconti che gli asini volano, perché anche da noi  si pretenda di riconoscere a questi quadrupedi il diritto di avere le ali. Già i diritti? Ma dove cominciano e dove finiscono i conclamati diritti? Ormai siamo portati ad inventarci nuovi diritti solo per dare copertura a nostre tendenze, attitudini che sono senz’altro ascrivili alla sfera delle libertà e come tali vanno tutelate e protette contro ogni possibile discriminazione o coercizione. Ma il diritto è qualche cosa di più: occorre saperselo conquistare alla luce del sole. Se si ritiene che un bambino possa crescere insieme a due donne o a due uomini, questi “genitori” devono avere il coraggio di difendere la loro scelta e fargliela capire, senza nascondersi dietro parole neutre. Le coppie che hanno avuto il coraggio di superare le barriere razziali, non hanno dipinto di bianco o di nero il compagno o la compagna della loro lotta.

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