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Il vizietto del Giornale e la paura di Alfano di finire come Boffo

Botte da orbi tra berlusconiani più o meno doc.

“È bene dire subito al direttore del Giornale, per il riguardo che abbiamo per la testata che dirige e una volta letto il suo articolo di fondo di oggi, che noi non abbiamo paura. Se pensa di intimidire noi e il libero confronto dentro il nostro Movimento politico, si sbaglia di grosso se il metodo Boffo ha forse funzionato con qualcuno, non funzionerà con noi”. La nota congiunta della pattuglia governativa dei pidiellini (Alfano, De Girolamo, Lorenzin, Lupi e Quagliarello) fa divampare ulteriormente la polemica con il direttore del Giornale.

L’editoriale di Sallusti

Il numero uno del quotidiano di via Negri nell’editoriale dal titolo Eversivo è alzare le tasse, liberale è non farlo, aveva puntato il dito contro il segretario del Pdl che 24 ore prima si era detto “diversamente berlusconiano” rispetto a quei falchi che poi hanno dato il la al comunicato di rottura partito da Arcore. Secondo Sallusti “attribuire ai falchi poteri sul Cavaliere, che ha sempre deciso di testa propria, è un modo di esorcizzare il fallimento” dell’alleanza con il Pd. Ce n’è anche per il ministro delle riforme Quagliariello a cui si ricorda che “non c’è nulla di eversivo nel non volere rendersi complici di uno scellerato aumento di tasse”. “Io credo che ‘eversiva’ sia stata la decisione di Letta e del Pd di alzare le tasse e non onorare i patti di maggioranza”, ha continuato Sallusti: “Del resto la decisione di Berlusconi è perfettamente in linea con quella di dimettersi, liberamente presa in precedenza, da tutti i parlamentari. Cosa immaginavano? Di uscire dal Parlamento e restare al governo a mettere su tasse?”. E conclude: i cinque ministri che ipotizzano un futuro fuori da Forza Italia proseguiranno “sulle orme di quel genio di Gianfranco Fini”.

La nota dei governativi

Il virgolettato dei ministri azzurri dimissionari si chiude con il ricordo di una triste vicenda del recente passato del quotidiano milanese, che coinvolse l’allora direttore di Avvenire, Dino Boffo: “Se il metodo Boffo forse ha funzionato con qualcuno, non funzionerà con noi che eravamo accanto a Berlusconi quando il direttore del Giornale lavorava nella redazione che divulgò informazioni di garanzia al nostro presidente, durante il G7 di Napoli nel 1994”. “Se intende impaurirci con il paragone a Gianfranco Fini, sappia che non avrà case a Montecarlo su cui costruire campagne”, hanno aggiunto.

Controreplica

Sallusti ha controreplicato duramente, dicendosi “allibito” per la reazione di Alfano e dei ministri: “Neppure io ho paura, ho già pagato con la detenzione squallide minacce alla libertà di espressione”.

Metodo Boffo

Quando nel 2009 iniziarono a circolare le prime indiscrezioni sulle cene eleganti di Silvio Berlusconi, il quotidiano dei Vescovi fu tra i primissimi ad esprimere forti critiche: per questo il 28 agosto del 2009 Vittorio Feltri sul Giornale accusò Boffo di essere “incoerente” pubblicando una velina della polizia secondo cui lo stesso Boffo aveva subito una querela “da una signora di Terni destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla, onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione”. Il direttore di Avvenire definì la vicenda una “patacca” ma il dado era ormai tratto: emerse che nel 2004 aveva effettivamente subito una condannato per il reato di molestia e il 3 settembre si dimise dalla direzione di Avvenire. Ma novanta giorni dopo quel passo indietro, lo stesso Feltri sul Giornale diede ragione a Boffo e a quella patacca, scrivendo: “La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali”.

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