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La legge sulle lobby in Inghilterra: Anarchy in the Uk

Riassunto delle puntate precedenti:

prima puntata: 1994. Nasce la APPC (Qui il sito). Cos’è? Semplice: un’alleanza di associazioni che fanno lobbying. Il Consiglio britannico per i Public Affairs (la traduzione italiana dell’acronimo) prevede un codice etico per gli iscritti e un minimo livello di trasparenza online. Non è un granché. Soprattutto  perché l’iscrizione è facoltativa e quindi chi non si iscrive non ha alcun obbligo. Ne restano fuori quasi tutti: avvocati, studi legali e think tank per primi

seconda puntata: 2009. Un comitato ristretto della Camera dei Comuni pubblica uno studio in cui raccomanda al più presto l’adozione di un sistema di registrazione obbligatorio dei lobbisti.

terza puntata: 2010. Il premier Cameron predice che quello delle lobby sarà il prossimo grande scandalo (leggi QUI). Previsione azzeccata.

quarta puntata: 2011. Scoppia il caso Murdoch, con grande scorno del governo e della famiglia reale.

quinta puntata, 2013. Pochi mesi fa nuovo scandalo che coinvolge parlamentari di varia estrazione colti con le mani nel sacco a promettere sostengo elettorale in cambio di denaro.

sesta puntata, 2013. Il governo si decide e presenta un testo ufficiale per regolare le lobby, dando avvio all’iter di approvazione in Parlamento. Nonostante il tentativo di farne un lavoro “partecipato”, con tanto di consultazione online, come va di moda adesso, il testo non piace quasi a nessuno (Qui la stroncatura del The Independent). Oltre ai media si schiera contro Transparency International (che definisce il lobbying bill “occasione mancata”).

Siamo arrivati al season finale. Il colpo di scena arriva dentro e fuori il Parlamento. Da fuori si fa sentire Open Knowledge, una delle associazioni più stimate in tema di trasparenza e dati aperti. In un post pubblicato il 4 settembre l’associazione se la prende con la scarsa lungimiranza del Bill chiedendosi come sia possibile che una democrazia con una tradizione così solida in trasparenza e accountability abbia prodotto un testo così miserevole. Dentro al Parlamento arriva una granicola di emendamenti. Fa discutere soprattutto quella della deputata conservatrice Anne Main. Anche a lei non piace la natura blanda del provvedimento (che, di fatto, escluderebbe molti lobbisti dal dovere di certificare la propria attività) e propone quindi sostanziali revisioni.

Attendiamo l’epilogo, consolandoci con la colonna sonora, un grande classico, perfetto per l’occasione: Anarchy in the Uk dei Sex Pistols.

 

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