Skip to main content

Letta seduce le industrie e la burocrazia le fiacca. Il caso Mossi&Ghisolfi

Altro che sceicchi del Golfo, ricchi cinesi o magnati statunitensi. La sensazione è che Destinazione Italia, il piano governativo per attrarre capitali esteri, si scontrerà con l’impenetrabile muro di burocrazia italica che nemmeno chi è nato in questo Paese riesce a infrangere.

Un dubbio che diventa certezza quando si assiste a casi come quello del gruppo Mossi & Ghisolfi, la cui unica ambizione era quella quella di investire in impianti per la produzione di bioetanolo di seconda generazione, in cui i biocarburanti vengono fuori non da mais o grano, ma da residui agricoli o colture marginali non destinati al consumo alimentare.

IL CASO MOSSI & GHISOLFI
La storia del gruppo Mossi & Ghisolfi – raccontata dal Sole 24 Ore – suonerà familiare a molti, perché a guardare bene, quello che sta succedendo al secondo gruppo della chimica italiana (dopo Eni Versalis), 3 miliardi di dollari di fatturato di cui un decimo in Italia, è il classico esempio di come anche le migliori intenzioni possano rischiare di soccombere sotto la farraginosità del sistema italiano.

COSA BLOCCA IL GRUPPO?
Il caso di M&G è esemplare. C’era (e continua a esserci) la proposta – in siti individuati in Sardegna, Sicilia, Puglia e a Porto Marghera – e c’era (e continua a esserci) un protocollo d’intesa siglato l’11 gennaio tra azienda, presidenza del Consiglio e cinque ministeri. A mancare (e ormai da aprile) è l’ultimo atto: il regolamento previsto dal protocollo d’intesa per far sì che le bioraffinerie – tutte e non solo quelle di Mossi & Ghisolfi – possano essere costruite senza sorprese. E così, per ora – spiega il quotidiano di Confindustria – c’è almeno un miliardo di euro “in sospeso”: potrebbe essere investito ma, come nella più italica delle situazioni, è bloccato da iter talmente tortuosi da correre il rischio che tutto si perda in introvabili cassetti ministeriali.

LA RISPOSTA DEL MISE
Al ministero dello Sviluppo economico – scrive il giornale diretto da Roberto Napoletano – si apprende che per dar corso agli investimenti dell’azienda, dopo mesi di attesa c’è ancora una valutazione in atto da parte di diversi ministeri. E occorre fare un passaggio presso le regioni. Per fortuna il gruppo non è stato fermo in questi mesi e il prossimo 9 ottobre inaugurerà un impianto a Crescentino (Vercelli), dopo anni di lotte contro carte bollate e comitati di protesta sotto l’effetto Ninmby. Ma si potrebbe fare molto di più. Eppure – spiegano i titolari dell’azienda – è la stessa Europa che ci chiede di investire di più in biocarburanti per ridurre l’impatto degli idrocarburi sull’ambiente.

UN PROBLEMA ITALIANO
La sorte di M&G è simile a quella vissuta da tanti gruppi che hanno deciso di portare ricchezza e sviluppo nella Penisola, come l’emblematico caso di Medoil, un’azienda inglese che ha tutte le autorizzazioni per estrarre gas dal giacimento off shore Ombrina a 5 km dalla costa teatina, ma che è tutt’oggi frenata dai veti incrociati di comitati di protesta, istituzioni locali e governo.

AIUTARE LE IMPRESE
Quello degli investimenti è un problema cruciale per l’Italia e non si esaurisce con l’attrazione di nuovi capitali. Proprio perché, come evidenziato proprio su Formiche.net da Pierluigi Magnaschi, direttore di Italia Oggi, “prima di attrarre nuovi investimenti stranieri, l’Italia dovrebbe essere in grado di trattenere gli investimenti che già ci sono e che se ne vanno oltreconfine (con tutti i costi che la smobilitazione comporta) perché in Italia non trovano un ambiente propizio all’intraprendere“.

×

Iscriviti alla newsletter