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L’uso del dna per l’identificazione delle vittime di conflitti o disastri naturali

Uno tsunami, un terremoto, un attacco terroristico, una guerra civile. Il problema è quello di identificare le vittime di informare le famiglie. Non è più il tempo degli 800 martiri di Otranto massacrati dai turchi nel 1480 e ricordati nel libro di Maria Corti “L’ora di tutti”. Non basta più fare un ossario in una chiesa per ricordare i morti.

Negli ultimi 30 anni, il profilo del DNA è stato utilizzato per identificare resti umani resi irriconoscibili. Alle implicazioni politiche e sociali dell’uso di questa tecnologia è dedicato un commento sull’ultimo numero di Science dal titolo DNA Identification After Conflict or Disaster (http://www.sciencemag.org/content/341/6151/1178.summary).

Il profilo del DNA è diventato uno strumento per identificare le vittime perpetuate da bande politiche che cercano di cancellare le persone, negare i crimini, riscrivere la storia. Ad esempio, dopo il massacro di oltre 8.000 uomini e ragazzi musulmani a Srebrenica in Bosnia Erzegovina 1995, i serbi bosniaci cercarono di nascondere le prove dei loro crimini. I corpi sono stati spogliati di tutti i possibili marcatori di identità, come portafogli e oggetti personali, prima di essere sepolti in fosse comuni. E poi spostati in nuove fosse quando quelle originali rischiavano di venir scoperte dalla comunità internazionale.

Ad affrontare il problema dell’identificazione, su iniziativa del presidente degli Stati Uniti Clinton, è stata istituita nel 1996 al vertice del G -7 a Lione, in Francia, la Commissione internazionale per le persone scomparse (ICMP – http://www.ic-mp.org/) con sede a Sarajevo. Il suo ruolo principale è quello di garantire la cooperazione dei governi nel localizzare e identificare gli scomparsi durante un conflitto armato o in conseguenza di violazioni di diritti umani.

ICMP utilizza il DNA come primo passo verso l’identificazione di un gran numero di persone scomparse in un conflitto armato. Utilizzando il profilo del DNA ottenuto da campioni di sangue e ossa ICMP è stata in grado di identificare oltre 17.000 persone le cui spoglie sono state trovate in fosse comuni .

Il successo ha trasformato ICMP da una piccola organizzazione nel più grande programma di identificazione del mondo. ICMP attualmente gestisce la più grande struttura mondiale nel campo e si è occupata dell’identificazione delle vittime dello Tsunami in Asia e dell’uragano Katrina negli Stati Uniti, ha assistito il Kuwait a identificare vittime dell’occupazione del 1990 in Iraq, partecipa ad una iniziativa sponsorizzata dal governo in Cile volta ad identificare i resti di persone scomparse durante il regime di Pinochet.

Identificare i resti umani non ha solo lo scopo nobile di restituire le salme a propri congiunti. In molti casi permette ai sopravvissuti di esercitare una serie di diritti civili e sociali. In Bosnia-Erzegovina, le mogli dei dispersi non potevano accedere alla pensione senza una conferma forense che provasse la morte dei loro mariti. In Nepal le mogli di scomparsi nelle zone rurali non possono risposarsi o vivere in modo indipendente perché fino a che non si prova la morte del marito sono culturalmente tenute a comportarsi come donne sposate.

La presenza di un’organizzazione internazionale in questo settore permette l’accesso a tecniche di identificazione scientifica altrimenti in molti paesi non disponibili anche semplicemente per motivi economici o per limitate capacità tecniche. Inoltre garantisce uno standard della procedure.

Una struttura internazionale inoltre può evitare che le informazioni raccolte vengano utilizzate per scopi meno nobili. L’identificazione attraverso le tecnologie del DNA richiede che i parenti forniscano campioni del loro DNA in modo da sviluppare database adeguati. Questo può esporre i partecipanti al rischio che le autorità governative o dei privati tentino di utilizzare altrimenti le informazioni raccolte. Ad esempio, le banche dati possono rivelare discrepanze tra i rapporti di parentela segnalati e parentela biologica. Nei luoghi in cui l’infedeltà è un reato e le donne infedeli vengono punite anche con la morte la tecnologia potrebbe essere utilizzata per soddisfare scopi politici-religiosi indesiderati.

Data la velocità di avanzamento della tecnologia del DNA è necessario stabilire norme rigide che limitino l’uso di tali banche dati . Strutture internazionali possono fornire la garanzia giuridica che i campioni biologici e le banche dati del DNA siano sicuri e non accessibili per scopi diversi dall’identificazione dei dispersi.

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