Con l’inizio della stagione autunnale vecchi e nuovi format tornano a colmare il vuoto lasciato tra i canali televisivi. Fra trasmigrazioni e qualche faccia nuova, ai cari telespettatori tocca però mandar giù la stessa minestra. E se anche il padre fondatore del genere, Maurizio Costanzo, sente l’esigenza di rinnovamento è forse il caso di indagare.
Lo spazio del palinsesto un tempo occupato da Michele Santoro tra le reti di viale Mazzini è oggi preda di Nicola Porro al timone di Virus, mentre Luca Telese ha preso il posto di Alessio Vinci, a Matrix. In compenso Gianluigi Paragone smamma dalla Rai e intraprende una nuova strada su La7 con il programma La Gabbia. Maurizio Crozza fa rotta su Rai uno. E in questa stagione televisiva pienamente iniziata manca all’appello solo Michele Santoro. Per vederlo tornare su La 7 con Servizio pubblico dovremo aspettare fino al 26 settembre.
Ma cosa ne pensano i telespettatori?
“Il pubblico è stanco dei talk show cosiddetti di approfondimento. Una marmellata spalmata su tutte le reti e a tutte le ore. Di prima mattina, in prime time, a notte fonda”, è il commento di Maurizio Caverzan sul Giornale.it che parla anche di un effetto rigetto dei talk show.
Le ragioni di Mentana
Ma per Enrico Mentana non è solo una questione di quantità: “Bastano due persone e un conduttore e hai un talk. Che vuol dire chiacchiera, parlare. A volte alcuni programmi sembrano lo speakers Corner di Hyde Park, l’angolo degli oratori di passaggio. Mentre chi lavora in televisione sa che i programmi televisivi di informazione richiedono artigianalità, studio, racconto drammaturgico”, commenta il direttore del Tg di La7 in un’intervista pubblicata questa mattina su Il Tempo.
Per l’ideatore di Matrix è tutta colpa dei talk a basso costo, ragione che alletta molto gli editori e spinge a contaminare ogni genere. Una chiacchiera continua, dice Mentana, dove tutti hanno la parola ma non tutti sanno parlare e non tutti possono essere conduttori di talk show:
“Cominciamo dall’Arena di Massimo Giletti – fa un esempio il direttore – per poi finire ai contenitori di mattine e pomeriggi, dove ci sono insieme casi umani, tecnici, politici, persone comuni. E vedendo i politici la in mezzo, non si capisce più chi siano i politici e i casi umani”.
E poi ci sono gli ospiti, un cast fisso che per Mentana andrebbe disciplinato: “La decima volta in dieci giorni che vedi gli stessi ospiti ti stanchi. Anzi, io metterei delle regole, come per la pesca in Adriatico ci dovrebbe essere la ferma per alcuni mesi degli ospiti ovunque”.
Missione compita
Gianluigi Paragone si sente però la coscienza a posto rispetto all’invito di Costanzo: “Per quel che mi riguarda, il rinnovamento l’ho fatto, di linguaggio e velocità. Sono arrivato per la prima volta in prima serata. L’obiettivo di ascolto da qui a Natale, che era il 4%, l’ho raggiunto dalla prima puntata. Non vedo crisi d’ascolto”, dichiara in un’intervista al Tempo.
La difesa di Santoro
E se Aldo Grasso dice che guardando i talk show italiani avverte solo una grande malinconia alza la spada a difesa dello storico formato televisivo Michele Santoro: “I talk show sono un genere eterno. Semmai sono morti i reality, che davano a chiunque l’illusione del successo, anche se l’ascensore sociale era già fermo. La crisi ci ha riportati alla realtà. E nessuna trasmissione riesce a restituire le tensioni sociali con l’immediatezza del talk”, è la risposta di Santoro alla domanda di Aldo Cazzullo che in un’intervista per il Corriere della Sera chiedeva al conduttore lumi sui talk.
E Santoro non rinuncia a mettere ai voti i suoi concorrenti: Bruno Vespa? “Sempre posizionato nelle pieghe istituzionali del sistema. Certo mi piacerebbe vederlo contro una vera concorrenza. Lui dice che quest’anno ha la concorrenza di Telese”, commenta dubbioso Santoro secondo il quale “Luca crescerà. Ma al momento è come se l’Inter scendesse in campo contro la Battipagliese”.