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Come la difesa italiana può diventare protagonista in Europa. Parla Pinotti

Il Consiglio europeo di dicembre sulla difesa vedrà giocare l’Italia un ruolo di rilievo. Il nostro Paese è uno dei leader del comparto ed è sua la proposta di una maggiore integrazione comunitaria nel settore della difesa contenuta nel documento More Europe.

Per perfezionare la posizione italiana in vista del vertice, il ministero della Difesa ha convocato oggi una riunione con le più importanti aziende del settore. Ecco obiettivi, nomi e strategie in una conversazione di Formiche.net con il sottosegretario alla Difesa, Roberta Pinotti (Pd).

Sottosegretario, come nasce e che obiettivi ha la riunione di oggi?
Lo scopo specifico è di raccogliere suggerimenti della nostra industria per ragionare sulle indicazioni che l’Italia presenterà al Consiglio europeo. Le nostre politiche industriali non possono essere decise solo dal governo, ciò è impensabile. L’idea è nata a Le Bourget, durante il salone Paris Air Show, quando ci siamo chiesti che posizione avremmo dovuto avere come Paese e non come singole aziende. Abbiamo convenuto fosse giusto che il governo aiutasse a sintetizzare queste sensibilità.

Quali aziende prenderanno parte all’incontro?
Saranno presenti Finmeccanica, Fincantieri, Aiad, Piaggio, Avio, Iveco, Elettronica e Beretta.

Che impressioni ha raccolto preliminarmente? C’è il timore che maggiore integrazione possa dire meno libertà e meno occasioni di business?
Da parte delle aziende coinvolte ho avuto per il momento feedback positivi e piena collaborazione. Questo è solo un primo incontro, al quale potranno seguirne altri. Ma è opinione di tutti che se noi vogliamo costruire un Sistema Paese, l’idea che si marci ciascuno con una strategia è uno spreco di risorse. Non ci consente di perseguire interesse nazionale. Quello che lei pone è un problema reale, ma che è la ragione stessa di questo incontro: trovare una formula per fare meglio gli interessi delle nostre aziende in un mondo in continuo mutamento.

L’Italia e in particolare uno dei suoi campioni nazionali, Finmeccanica, non hanno da perdere più di altri economicamente e politicamente in un’operazione che ci allontanerebbe dalle nostre partnership più solide, quelle con le aziende americane (Alenia e Boeing) o in generale anglosassoni (AgustaWestland)?
Su questo tema ci sarà un’attenta vigilanza. Crediamo che un’industria europea possa competere con quella di altri continenti, senza per questo privarci della possibilità di sviluppare altri progetti. Una cosa non esclude l’altra. Ad esempio, non possiamo dimenticare che Finmeccanica ha acquisito parte dell’americana Drs. Una prospettiva americana è, di fatto, reale.
Non credo che questo processo possa tranciare rapporti, perché abbiamo intrecci e interessi comuni. Ma allo stesso tempo è impossibile immaginare di vincere da soli le sfide del futuro, in un mondo multipolare che ormai vede molti grossi competitor. Pensi a quali capacità potrà arrivare la Cina tra 20 anni, anche nel comparto militare. Bene, i Paesi europei vinceranno la sfida dell’innovazione tecnologica solo se si metteranno in una competizione intelligente, che preveda anche una strategia di salvaguardia e sostegno reciproco.

L’Europa però sembra divisa, anche nella difesa. Da un lato si assiste a interessanti joint venture, dall’altro alcune fusioni, come quella di Bae-Eads, sono saltate per questioni campanilistiche. E anche le recenti divisioni su come muoversi rispetto al conflitto siriano segnalano grandi fratture. Forse non sarebbe utile non rallentare su un tema così insidioso?
Penso che il Consiglio europeo di dicembre sia in questo senso una grande occasione. E credo anche che non possiamo permetterci ulteriori riunioni in cui non si decide nulla. Ho registrato in numerosi colloqui la consapevolezza che questo possa essere forse l’ultimo appuntamento utile per prendere una decisione che condizionerà il peso politico e militare del continente nei prossimi anni. Non può sfuggirci che l’Europa avrà qualcosa da dire solo se si presenterà unita. Una sensibilità che sembra trovare buona diffusione nella politica e nella società, ma che ora ha bisogno di uno scatto decisivo per essere realizzata. Un processo virtuoso al quale il nostro Paese, in sede comunitaria, vorrà tendere.

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