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Alitalia, i numeri fragili della toppa di Letta

Una toppa che permetterà ad Alitalia di tirare avanti solo fino al luglio 2014. Il “salvagente” da 500 milioni ideato per la compagnia di bandiera, così come l’ha ribattezzato Ettore Livini su Repubblica, è una cambiale a termine. Nelle stesse ore in cui si registra il via libera dell’assemblea all’aumento di capitale con una ricapitalizzazione da 300 milioni di euro (ma il Cda della compagnia è pronto alle dimissioni) ecco svelati gli “altarini” del salvataggio di AZ: in assenza di una strategia precisa che abbia una visione “oltre” la scadenza del prossimo luglio, l’emorragia di liquidità tornerà minacciosa, così come le discrepanze strutturali del gruppo.

Aumento di capitale
Diciotto ore di assemblea hanno partorito il via libera all’aumento di capitale da 300 milioni. I soci avranno 30 giorni di tempo da domani per sottoscrivere le azioni di nuova emissione. In una nota ufficiale si legge che “i membri del Consiglio di amministrazione dell’Alitalia, in vista del mutamento dell’assetto proprietario dopo l’aumento di capitale hanno manifestato l’intenzione di rassegnare le loro irrevocabili dimissioni dalla carica con effetto dalla data dell’assemblea che sarà convocata subito dopo l’esecuzione dell’aumento di capitale”.

Cambiale a termine
Cosa accadrà quando i soldi saranno nuovamente terminati ed il rischio di fallimento si materializzerà alla porta di Alitalia? I numeri ancora una volta giungono in soccorso a tesi e controtesi, dal momento che sono gli unici al momento inconfutabili. Nel primo semestre di quest’anno Alitalia ha perso 294 milioni, 1,62 milioni al giorno. Quattro mesi fa in cassa erano rimasti solo 128 milioni, nonostante il trend positivo dell’estate appena trascorsa. Alla voce uscite si ritrova un’altra nota dolens: mentre tra gennaio e marzo 2013 i biglietti hanno fruttato 700 milioni, contemporaneamente le spese hanno pesato per più di 800.

Percorso ad ostacoli
Tagliare i costi è la vulgata maggiormente in voga, ma il nodo è come metterlo in atto senza scatenare una guerra con i sindacati e soprattutto alla luce di quale piano industriale. I numeri sono, al momento, lo scoglio maggiore rispetto ad un impegno decisivo di Air France che quattro anni fa versò 322 milioni per aggiudicarsi un quarto della compagnia italiana.

Qui Parigi
Nella capitale francese serpeggia la prudenza, mista al timore di restare nuovamente con il cerino in mano, anche perché al momento non si ha la sensazione che vi sia una strategia di lungo respiro. Inoltre AF è impegnata nel proprio piano di ristrutturazione con tagli e licenziamenti. Il 28 ottobre inoltre scadrà il lock-up sulla quota dei “patrioti”, ragion per cui Air France immagina uno scenario dove la propria acquisizione di Alitalia sia direttamente proporzionale ad un totale controllo di strategie e scelte. In caso contrario e senza quel pareggio di bilancio invocato dai transalpini per la propria compagnia entro il 2014, i libri verrebbero portati in tribunale. Senza che questa volta ci sia una terza via.

 



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