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Renzi ha il sole in tasca come Berlusconi. La virata renziana di Rondolino spiegata dallo stesso ex dalemiano

La forza di Matteo Renzi? Il rapporto con il Paese, il fatto di avere il sole in tasca come Silvio Berlusconi nel 1994. È la lettura che Fabrizio Rondolino, giornalista e già fra i Lothar dalemiani, dà del momento politico. E in una conversazione con Formiche.net ragiona non solo sul futuro del Pd ma anche sull’evoluzione del centrodestra italiano, partendo dalla sua nuova avventura giornalistica che lo ha portato da Il Giornale a Europa quotidiano.

Dal Giornale ad Europa: un ritorno alla casa di sinistra ora “renziana”?
Beh, in quel famoso Paese normale che spesso tutti sogniamo e invochiamo, non dovrebbe essere poi molto importante la testata su cui uno scrive quanto ciò che scrive. Per dirne una, in tutti questi anni al Giornale ho scritto molti pezzi “renziani”, non nascondo che sono stati anche graditi perché andavano a controbilanciare la leadership in carica del Pd.

Quindi un divorzio consensuale?
Ho lasciato Il Giornale non perché mi trovassi male, tutt’altro: sono stato accolto e trattato sempre benissimo. Ma perché il renzismo apre uno spazio a sinistra che effettivamente fino a sei mesi o un anno fa non c’era. Quindi, dal momento che quella, alla fine, era casa mia, allora ho deciso per farvi ritorno. Il mio problema con la sinistra è che mi devono lasciar dire quello che penso. Per carità non sono Gramsci, sono uno come tanti altri che è ben felice di poter contribuire in termini di idee se c’è uno spazio dove dire la propria. Cosa che era difficile nell’era più chiusa e più grigia del bersanismo reale.

Come giudica la vulgata secondo cui Renzi continua a portarsi addosso l’immagine riformista delle primarie democratiche dello scorso anno perse con Bersani?
Direi che mentre il circo politico e mediatico si affanna a discutere su quanto sia concreto o riformista il programma di Renzi, penso anche all’editoriale di Antonio Polito sul Corriere della Sera in cui gli fa giustamente l’esame del sangue, la forza di Matteo invece è che lui è passato all’interno della società. Una vasta opinione pubblica che si è ampiamente stancata della politica vede in Renzi un possibile punto di riferimento: perché giovane e scapigliato, perché diverso e proveniente da una cultura politica “altra” rispetto a quelle consolidate nell’ultimo ventennio.

E’ questa la forza del sindaco di Firenze?
Il rapporto con il Paese, il fatto di avere il sole in tasca a fronte del grande problema italiano: quella sfiducia generalizzata di tutti verso tutto. Per cui quello è il primo fronte su cui agire: Renzi, esattamente come Berlusconi nel ’94, riesce a ridare fiducia. Ma diversamente dal Cavaliere a me sembra che sia poco divisivo e molto trasversale, capace di pescare consensi da tutti i versanti.

Una consapevolezza di forza, quella di Renzi, che si ritrova anche nell’apertura ai montiani?
Scelta civica è stato l’equivoco colossale, nel senso che come tutte le posizioni centriste, ha vissuto al pari di una cosa transitoria e ora si trova dinanzi al dilemma tra una destra moderna senza Berlusconi e una sinistra moderna ma con Renzi. Per cui è abbastanza fisiologico che una parte di Sc vada di qua ed una di là: è il gioco politico-parlamentare, non ci trovo niente di strano.

A proposito di destra moderna: la spaccatura nel Pdl potrà dare innovazione al centrodestra italiano o solo acuirne le contraddizioni?
Credo che fino a quando non si risolverà in modo politicamente strutturato il nodo legato a Berlusconi, non si uscirà da questa contraddizione. Semplicemente perché il consenso è in mano sua. Da qui ci sono due possibili prospettive: o il Cavaliere si mette nuovamente alla guida in prima persona, e intanto sembra che sia così, per guidare la transizione oltre se stesso; oppure se dovesse rimanere al centro della scena in quanto perseguitato non vedo altro spazio per un’altra destra.

Ma gli alfaniani chiedono una rottura moderata-popolare…
I governativi sono persone rispettabilissime, ma godono di un consenso elettorale estremamente limitato, così come è accaduto a Fini. Quindi fin quando c’è Berlusconi, la destra italiana è Berlusconi.

O magari una Berlusconi? Non più semplice ipotesi nonostante le smentite?
Non ho informazioni di primo piano, ma se dovessi scommettere un euro lo metterei sul no. Non credo che Marina alla fine scenderà in campo. Non per questioni legate alla dinastia, bensì perché dubito che sia in grado di intercettare i consensi e federare le anime del centrodestra così come riuscì a suo padre vent’anni fa. È una donna di impresa, con qualità riconosciute da tutti: perché dovrebbe cambiare mestiere? È una partita di rischio talmente alto con una contropartita di saldo tutto sommato limitata.

Se il Berlusconi del 2013 fosse stato lo stesso della rottura con Fini, come sarebbe andata a finire con Alfano?
Indubbiamente è un leader diverso e fiaccato, rispetto a tre anni fa, dalla querelle giudiziaria, che oggettivamente lo ha indebolito. Che la crisi sia in atto è fuori di dubbio, lo dimostrano anche i milioni di voti persi alle elezioni di febbraio in cui il cavaliere ha recuperato ma confermando il momento difficile. Ma non c’è una leadership alternativa.

A meno che non si guardi proprio alla novità nel Pd…
Renzi è un caso da manuale: una nuova figura che si afferma contro quelle che c’erano un momento prima, e che costruisce il proprio consenso a partire dal basso. Un passaggio che nel Pdl non c’è, in quanto è un’operazione di ceto politico e non di strada. Ma i leader, occorre ricordarlo, non si costruiscono in laboratorio. E tutto lascia pensare che il prossimo giro sarà “renziano”.

twitter@FDepalo



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