Questa volta è diversa dalle altre. Il fatto che sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore ci sarà il voto palese è la molla che potrebbe, secondo fonti di Palazzo Grazioli, accelerare oltremodo l’ormai irreversibile processo di scissione del Pdl-non ancora Fi. Fino a ieri il Cavaliere in persona si era detto (obtorto collo) pronto a passare sopra il voto del 2 ottobre, al tradimento del delfino-Alfano. Ma questa circostanza della bagarre al Senato dove in giunta per il regolamento finisce sette a sei (decisiva la montiana Linda Lanzillotta) pare possa essere l’anticamera di un ribaltamento totale di strategie e azioni.
Niente più attese responsabili, o caminetti di incontri, niente vertice con le colombe in programma a Palazzo Grazioli (“non vi presentate” avrebbe fatto riferire da un pontiere ai cinque ministri), niente più freni rivolti alle figlie che tanto rumore hanno fatto sulla stampa (comprese le smentite di discese in campo). Berlusconi torna falco più dei falchi e cerchia di rosso la data del voto al Senato: è lì che si nasconde l’epicentro della crisi interna al Pdl e al governo.
E a chi gli fa notare che gli alfaniani hanno quel documento con tanto di firme della “pattuglia che salverà governo e legislatura”, il Cav. invita a riascoltare le parole che egli stesso aveva riservato all’ormai ex delfino, quando proprio nel primo incontro dopo la retromarcia del Pdl sulla fiducia, gli aveva rinnovato la stima e rammentato che il futuro sarebbe stato suo. Ma niente, quello è un fronte che, metodo Boffo o meno, così come qualche commentatore lo ha definito, per il momento non fa presa sul vicepremier che incassa il no del padrone di casa ad un nuovo incontro e si prepara ad indossare l’elmetto. “Pagina buia, ci saranno conseguenze” ha commentato il capogruppo pidiellino al Senato Renato Schifani. Ex falco, ora folgorato sulla via popolare di Angelino.