Una sobria e acuta riflessione politica sul futuro dell’Italia. Al Quirinetta di Roma, protagonisti Pellegrino Capaldo e Marco Follini, vertici della Fondazione Nuovo Millennio-Per una nuova Italia, si è avviato un percorso per rafforzare le basi della democrazia in Italia. Non c’è certezza dell’approdo, ma c’è consapevolezza che il limbo politico durato venti anni non può continuare. Galleggiare può salvare qualcuno, ma non l’Italia che incontrerà difficoltà sempre più aspre, se persiste l’attuale, spaventosa ed esiziale precarietà. E’ utile iniziare a ragionare sulle cose da fare, per guardare a un futuro caratterizzato da vero e sano sviluppo. Il prof. Capaldo ha chiarito che Nuovo Millennio è una fondazione e tale resterà, svolgerà il ruolo di sostegno alla politica con la sua attività di elaborazione, ma non sarà partito.
“Prima che sia troppo tardi” è il manifesto presentato agli intervenuti, per promuovere e sollecitare la partecipazione dei cittadini intorno ad un Progetto-Paese che sappia rinnovare l’Italia, bandendo vuote declamazioni e concentrandosi con determinazione sui problemi più spinosi e più urgenti: sviluppo, lavoro, fisco, istituzioni, rapporti con l’Europa, partiti politici. Vanno sconfitti populismi e qualunquismi, come il M5S, devastanti per l’Italia in difficoltà. Il finanziamento volontario che non superi i 2000€, con detrazioni fiscali, è un modo di partecipazione e di controllo diretto, utile per obbligare i partiti a spendere i soldi ricevuti in modo corretto e parsimonioso. Altri punti del “manifesto”: il rapporto dell’Italia con l’Europa Unita, perché il nostro Paese recuperi il posto di rispetto che storicamente ha sempre avuto quale Paese fondatore; una riforma globale della giustizia pensata, elaborata e proposta con rapidità e con la stessa partecipazione dei magistrati.
Il clima al Quirinetta era di soddisfazione e cautela, soprattutto per chi guarda alla nascita di un partito inteso nel senso pieno del termine. Un partito che si impegni per il bene del Paese e che eviti di alimentarsi solo di “parole magiche”: casta, inciucio, alternanza, bipolarismo, federalismo, emergenza che tante illusioni hanno creato negli italiani e tanti guasti hanno procurato all’Italia. Non si vuole raccogliere l’eredità di qualcuno che è al tramonto, ma si tratta di disegnare un progetto-Paese che risponda alle reali esigenze del popolo italiano in una fase storica ed economica, la globalizzazione, caratterizzata da ingiustizie devastanti e da rapidi mutamenti. Un partito che promuova un nuovo e concreto assetto istituzionale, e l’arretramento dello Stato nella vita dei cittadini.
Marco Follini ha chiarito dubbi ed equivoci, spiegando che come democristiano ogni volta che sente soffiare quello spirito si compiace, aggiungendo che argomenti, uomini della storia democristiana o formati a quella tradizione si rivelano utili al Paese in questo momento. Letta e Alfano, per citare i più impegnati, ma senza andare oltre. La Dc va letta nel suo contesto storico. Oggi per comporre l’alchimia democristiana mancano troppi elementi: non c’è la guerra fredda, non c’è la spesa pubblica, e non c’è nella politica italiana quella straordinaria capacità di inclusione che aveva la Dc. Fu la democratizzazione dei ceti medi, l’allargamento delle basi dello Stato, la promozione di una nuova classe dirigente. Tutto questo non si vede, e fa una certa differenza.
Corrado Passera, già ministro del governo Monti è intervenuto, manifestando la sua adesione a un progetto che rifiuta di chiamare “moderato” e ha posto l’accento sulla priorità del lavoro, sull’impegno ad “evitare il darwinismo sociale della globalizzazione affermando le nostre eccellenze e creando uno Stato sociale flessibile e imperniato sul Terzo settore”. Un percorso comune con Nuovo Millennio può essere la via maestra per costruire un partito con prospettive di governo. Corrado Clini e Federico Vecchioni hanno completato gli interventi della serata.
Il termine “moderati” bocciato, silenzio sulla riproposizione del “centro” e della DC, il popolarismo neppure sfiorato, ma il lessico e gli approfondimenti riflettevano inconsciamente lo spirito degasperiano: auspicare la realizzazione di giustizia sociale, costruire un nuovo assetto istituzionale dello Stato, respingere qualunquismo e populismo, il rapporto con l’Europa appartenevano al pensiero dello statista trentino. Era l’idea sturziana del partito popolare che emergeva quando si è discusso del ritiro dello Stato dalla vita dei cittadini, (famose le battaglie di don Sturzo contro lo statalismo),della loro partecipazione alla cosa pubblica, del finanziamento privato ai partiti, di un nuovo sistema delle autonomie locali. Sono i temi che hanno accompagnato, mettendo al centro l’uomo quale persona, l’impegno politico dei cattolici nell’arco di un secolo, e che laicamente ancora oggi sono elementi utili per il buon governo dell’Italia.
Capaldo, Follini e Passera per una nuova fase politica
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