Da tempo è scaduto il termine fissato dalla legge per ripubblicizzare la Banca d’Italia, ma al momento nessuno ha inteso mettervi mano. Troppo rischioso determinare il valore delle quote possedute dalle banche? Secondo Rino Formica il destino di Bankitalia è segnato, sarà poco più che un ufficio studi. Il varie volte ministro, sovente a capo di dicasteri importanti (Ministro delle finanze nel primo e nel secondo governo Spadolini) e membro di rilievo del Partito Socialista Italiano durante la segreteria di Bettino Craxi, ritiene che “la questione della proprietà delle quote della Banca d’Italia sia questione antica, ne parlò l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga con una intervista a Massimo Mucchetti sull’Espresso il 7 novembre 2002 dal titolo Un’Opa per B.d.I.”
Passaggio intermedio
Ma poi, racconta Formica a Formiche.net, venne “la legge 2005 sulla pubblicizzazione della Banca d’Italia” Con la conseguenza che “tutti i governi dal 2005 ad oggi hanno lasciato cadere il termine per adempiere alla volontà del legislatore”. E oggi cosa è cambiato rispetto a quelle dinamiche? “La situazione è diversa – spiega l’ex ministro delle Finanze – la Banca d’Italia non batte moneta, non fissa il tasso di sconto, sta per perdere la Vigilanza, conserva ancora per poco un potere di regolamentazione della concorrenza bancaria”.
Il futuro di Bankitalia
Qual è il futuro di Bankitalia, dunque? Secondo Formica “con l’esaurirsi delle funzioni proprie di una Banca centrale, la Banca d’Italia si ridurrà a un Ufficio Studi sulla congiuntura e gestirà un grande patrimonio della Nazione”. Ma con la distinzione nel merito di scindere “le due funzioni: l’Ufficio Studi può essere in mano privata, mentre per la gestione del patrimonio della Nazione si può fare capo al Tesoro”.
Una Banca d’Italia in sonno?
Un’altra ipotesi circolata nelle ultime settimane farebbe pendere il pendolo verso una Bankitalia tenuta in sonno. “La conservazione di una B.d.I. in sonno potrebbe essere giustificata solo se si volesse tenere aperta la prospettiva di un ritorno alla lira – rileva Formica – . Ma il paradosso è che sono gli apologeti dell’Euro i tenaci conservatori dell’attuale stato di cose”. Come dire che è nelle due Camere che andrebbe ritrovato il fil rouge di responsabilità e direttrici di marcia. E conclude: “Il nostro Parlamento è sempre in ritardo nel provvedere. È così che ingrassa Grillo”.
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