Se fino a tre anni fa immaginare un nuovo centrodestra deberlusconizzato era considerato alla stregua di un’eresia, all’indomani dei primi sei mesi del governo delle larghe intese e soprattutto del movimentismo tra i pidiellini al governo, in questo finale di anno progressivamente si stanno delineando i contorni di quello che sarà giocoforza il contenitore alternativo al Pd targato verosimilmente Matteo Renzi. Oggi, complice il terreno comune targato Diccì dell’esecutivo Letta unito alle criticità dell’esperienza centrista, ecco che quello spunto verso una rinnovata ma chiara proposta politica alternativa alla sinistra potrebbe tramutarsi in azione.
Voglia di Dc?
“Nessuna voglia di ricostruire la Diccì, il Ppe italiano sarà oltre”, è la vulgata dell’eurodeputato del Ppe Potito Salatto, cofondatore con altri parlamentari europei e italiani dell’associazione “Popolari italiani per l’Europa” e vicepresidente della delegazione “Popolari per l’Europa” nel Ppe. Così replica a chi accusa i centristi di voler resuscitare la balena bianca, nella consapevolezza che si tratta di una “fandonia strumentale”, messa in giro ad arte da chi “teme che la riorganizzazione univoca del centrodestra possa essere vincente”. Il ragionamento, anche alla luce di una settimana caratterizzata da due eventi romani significativi nell’area del Ppe (il convegno promosso proprio da Salatto con l’eurodeputato Giuseppe Gargani sui popolari italiani e la commemorazione in Senato del presidente del Ppe, Marteens), va nella direzione di un vero e proprio sdoganamento degli ex Dc, che almeno in questa fase si sentono in qualche misura discriminati.
Ad excludendum
Non si capisce, osserva Salatto, perché nessuno contesti ai post-comunisti e ai post-fascisti di avere responsabilità istituzionali, mentre invece si grida allo scandalo quando un post-democristiano è investito di ruoli primari. Le motivazioni di tale atteggiamento? “Una sottile, perversa e tacita ‘conventio ad excludendum’ che non ha alcun senso”, fermo restando che partiti dello scorso secolo (Dc, Pci e Fi) sono ormai “affidati al giudizio della storia e riproporli oggi sarebbe impensabile per il contesto sociale così diverso dall’epoca in cui sono stati protagonisti”. Ma se quel passato non può più tornare, da quello si può invece tentare di ripartire idealmente per giungere alla nuova meta, ovvero il Partito Popolare Italiano nel PPE di Strasburgo.
Perché il Ppe italiano
Tre le ragioni principali. La prima: essere presenti con forza nel PPE a tutela degli interessi legittimi italiani, – rammenta Salatto – evitando quell’egemonia franco-tedesca che ha caratterizzato questa legislatura europea. La seconda: la politica italiana deve riacquistare una sua autorevolezza dando un senso ideale, valoriale, programmatico, ai partiti che si contendono la guida del Paese. Il riferimento è quindi all’esperienza di Scelta civica su cui Salatto sottolinea che è “impensabile continuare ad avere liste civiche senza storia e cultura che durano lo spazio di una cometa cadente e il caso della lista Monti lo dimostra”. Da qui la concretizzazione dell’orizzonte che, così come accade negli altri Paesi dell’Ue, si focalizza attorno a due filoni culturali storici prevalenti: quello popolare e quello socialista. “Auspico quindi che il centrodestra tutto si riconosca nel primo e il centrosinistra nel secondo, se vogliamo comprendere che è ora di parlare al cuore e alla mente degli elettori e non alla loro pancia come il populismo in generale e quello nostrano in particolare hanno fatto in questi vent’anni di Seconda Repubblica”. Infine un approccio diverso da parte di chi amministra.
Quale classe dirigente
Meno leaderismo, più consacrazione di figure dal basso, prescrive, in quanto i partiti sono attesi da un lavorìo tanto preciso quanto impervio: “ritrovare il ruolo loro assegnato dalla Costituzione, essere luogo di intermediazione tra i cittadini e il Governo con regole democratiche che consentano la selezione della classe dirigente, la partecipazione attiva di tutti coloro che vogliano impegnarsi politicamente e socialmente, il tutto in grado di collegare esperienze consolidate e vivacità giovanili di uomini e donne”. L’errore da evitare? Per Salatto il nemico numero uno si chiama sondaggio, in quanto il compito è quello invece di indirizzare la società con grandi capacità di mediazione verso interessi generali e non individuali. Ma oggi c’è una nuova generazione: Letta, Alfano, Mauro, Cesa, Renzi, “che ha assunto anche responsabilità di governo e tocca a tutti noi supportarla e concorrere alla sua legittimazione”. Anche per questo l’eurodeputato del Ppe, a proposito dell’allergia di qualche commentatore alla provenienza diccì di alcuni dei sostenitori del Ppe italiano, invita a rileggere Seneca, quando osservava che “estremamente breve e travagliata è la vita di coloro che dimenticano il passato, trascurano il presente, temono il futuro: giunti al momento estremo tardi comprendono di essere stati occupati tanto tempo senza concludere nulla”.
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