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Debiti sanitari, il gioco delle tre carte delle Regioni

Sul fronte del pagamento dei debiti della PA, l’ultimo aggiornamento del Ministero dell’Economia, risalente all’ormai lontano 24 settembre, ci informa che sin qui sono stati saldati ai creditori delle amministrazioni pubbliche 11,3 miliardi di euro sui 17,9 resi disponibili dal Tesoro, dei 20 previsti per il 2013 dal Decreto legge 35/2013, ampliati a 27,2 dal Decreto legge 102/2013, in via di conversione.

Siamo dunque ancora lontani dal raggiungimento dell’obiettivo per il 2013 (per non parlare del pagamento dell’intero stock del debito, che secondo le stime più accreditate si aggirerebbe intorno ai 100 miliardi di euro) ma tutto sommato con uno scatto di reni la situazione appare recuperabile, considerando che, in base al monitoraggio dello stesso Ministero dell’Economia, al 22 luglio si era ancora a quota zero e che in soli 20 giorni, dal 4 al 24 settembre, sono stati pagati debiti per 4,1 miliardi di euro.

A parte lo Stato (che aveva versato 2,6 miliardi di euro dei 3 allocati per l’anno in corso), la situazione più virtuosa a fine settembre si registrava per i debiti sanitari, che risultavano pagati per quasi l’80% della cifra prevista per il 2013 (3,9 miliardi su 5), pari al 92% di quanto era stato effettivamente erogato alle Regioni. Con alcuni risultati pari al 100% dell’obiettivo annuale, come nel caso di Lazio (832 milioni di debiti da pagare), Piemonte (803 milioni), Veneto (777 milioni), Emilia Romagna (447) e Toscana (230).

Risultati encomiabili che tuttavia assumono una luce decisamente più sinistra se vengono affiancati all’indagine condotta da Farmindustria sui tempi di pagamento alle aziende farmaceutiche (dunque un pezzo importante del debito sanitario) relativi alle fatture del primo semestre 2013, cioè al di fuori dello stock di debito pregresso sul quale opera il Decreto legge 35/2013 e soprattutto dopo l’entrata in vigore il primo di gennaio della direttiva europea che obbligherebbe a esborsi entro i 60 giorni dalla data di fattura.

Ebbene, se in media a livello nazionale la situazione appare pessima (solo il 10% delle fatture emesse da gennaio a giugno è stato pagato entro i limiti previsti dalla direttiva, mentre ben il 67% è stato saldato oltre 120 giorni o non ancora pagato), nelle Regioni più virtuose comprese nella tabella del Ministero dell’Economia la situazione rasenta il disastro (e supera la vergogna). Nel Lazio, le percentuali di pagamento entro i 120 giorni sono da prefisso telefonico (lo 0% entro i fatidici 60 giorni, l’1% tra 60 e 90, l’1% tra 90 e 120), come in Campania (che peraltro non risulta particolarmente virtuosa neanche sul pagamento dei debiti pregressi). Fanno peggio della media nazionale Piemonte (86% pagato oltre i 120 giorni o non ancora saldato), Veneto (74%), Emilia Romagna (94%) e Toscana (96%), cioè tutte le Regioni più grandi in regola sul pagamento dei debiti pregressi.

In altre parole, con l’eccezione delle “piccole” Abruzzo, Liguria e Umbria  (che hanno saldato il debito pregresso per l’intera cifra allocata e hanno pagato le fatture relative al primo semestre 2013 in tempi ragionevoli o comunque al di sotto della media nazionale), le Regioni debitrici più grandi sembrano aver sacrificato i fornitori odierni in nome di quelli passati. Di fatto, dando vita a un cinico gioco delle tre carte, pagando gli uni al posto degli altri. Quando in realtà leggi dello Stato si sono sforzate negli ultimi tempi di proteggere gli interessi passati, presenti e futuri di tutte le imprese fornitrici delle pubbliche amministrazioni. Ma evidentemente non bastano le leggi laddove mancano correttezza e trasparenza. Infatti, il principale punto debole del Decreto legge 35/2013 è non aver previsto un sistema trasparente e soprattutto permanente di monitoraggio dei debiti delle amministrazioni pubbliche e responsabilità precise e dirette per quelle inadempienti (non soltanto sui debiti pregressi ma in generale sulle fatture non saldate entro i tempi previsti dalla legge ed anche sulla mancata comunicazione dei dati o sulla loro non rispondenza alla realtà dei fatti).

Quello che sta avvenendo nelle Regioni che apparentemente fronteggiano in maniera virtuosa l’emergenza straordinaria sulla quale interviene il Decreto legge 35/2013 e che allo stesso tempo stanno segnando il passo nella gestione ordinaria dei debiti dimostra che solo un meccanismo permanente, basato su precisi meccanismi di governance, potrà assicurare una riduzione strutturale dei debiti della pubblica amministrazione. Altrimenti, si rischia di giocare a tre carte alle spalle di migliaia di imprese, centinaia di migliaia di lavoratori e 60 milioni di cittadini.


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